Roma - L'indulto è l'unica strada maestra per risolvere il sovraffollamento carcerario, secondo il primo presidente della Corte di Cassazione.
Giorgio Santacroce apre con quest'appello l'anno giudiziario 2014. Parla nell'aula magna del Palazzaccio, di fronte al capo dello Stato Giorgio Napolitano, che nel suo messaggio alle Camere proprio su questo grave problema ha raccomandato al parlamento interventi strutturali, ma prima ancora provvedimenti di clemenza che facciano fronte subito ad una situazione emergenziale. E questo anche per rispondere alle ingiunzioni dell'Europa.
Indulto, dice il primo presidente e non amnistia, restringendo il campo. Santacroce precisa che «l'indulto non libera chi merita di essere liberato ma scarcera chi non merita di stare in carcere ed essere trattato in modo inumano e degradante», e contemporaneamente fornisce una risposta al numero eccessivo di detenuti nelle celle. Ma anche questo non basta: ci vuole anche il minor ricorso alla custodia cautelare.
Il primo presidente della Cassazione parla poi dei rapporti sempre difficili tra magistratura e politica. «Lo stato di tensione - dice - non accenna a spegnersi e il suo persistere, più che una nota dolente, rappresenta una vera e propria spina nel cuore per noi magistrati». Secondo l'alto magistrato, c'è «una delegittimazione gratuita e faziosa che ha provocato, goccia dopo goccia, una progressiva sfiducia nell'operato dei giudici». Santacroce ci tiene a precisare che le toghe non meritano tanta sfiducia, dovuta soprattutto ai sospetti di politicizzazione e spettacolarizzazione di inchieste e processi. Sottolinea che «si è andato incrementando negli ultimi tre anni il livello di produttività dei magistrati civili e penali, nonostante il sottodimensionamento di organici». L'Italia è anche inadempiente verso gli obblighi nei confronti dell'Ue. Per Santacroce servono modifiche legislative per il reato di tortura e la revisione della disciplina della contumacia. Ma «la riforma delle riforme» è la prescrizione.
Del difficile rapporto tra toghe e politica parla anche nella sua relazione il Procuratore generale Gianfranco Ciani. È sulla difensiva e chiede alle istituzioni di respingere gli attacchi. «La magistratura - assicura - non persegue finalità politiche». Ma deve ammettere che possono «esserci stati errori». Anche quelli che fanno diventare certi magistrati delle star, che cercano la «popolarità» e quindi esposizione mediatica, invece del più rigoroso riserbo.
L'intervento del ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, punta sempre sulle carceri e sulle misure per ridurre i detenuti: sono passati a 61.619 unità, dai quasi 70mila del 2010. Per la Guardasigilli, la riduzione dei tempi dei processi «rappresenta una priorità ineludibile», ma lo scontro politico rallenta le riforme.
Parla poi Michele Vietti, il vicepresidente del Csm indicato spesso come possibile successore della Cancellieri, in un futuro rimpasto. E il suo discorso è più politico che strettamente giudiziario. «Alla giustizia non servono solisti - dice - ma coristi». I magistrati, aggiunge, non devono perdere il «filo di Arianna» della professionalità «che, sola, può dargli l'autorevolezza necessaria».
Fuori dall'aula, poi, dissente da Santacroce: «Il Parlamento rifletta sull'indulto, ma non è l'unica strada». «Serve una soluzione clemenziale - spiega il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri - ma accompagnata da riforme strutturali».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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