Ciabatta in visone e giacca-pantalone, lo stile è surreale

ParigiLa collezione Celine dell'estate 2013 in passerella ieri a Parigi è come una tazza di ceramica Raku: bellissima proprio perché imperfetta. I capi privi di orlo e quindi sfilacciati sul fondo, conservano nel taglio quella geometrica perfezione per cui Phoebe Philo, ventinovenne stilista inglese nata casualmente nella Ville Lumière, si è conquistata in poche stagioni un posto di riguardo tra i grandi della moda. Si tratta inizialmente di lunghe e seducenti giacche da smoking senza maniche portate a pelle oppure sui semplici pantaloni dritti e larghi che finiscono appena sotto al polpaccio. Poi arrivano sublimi modelli rettangolari con un grande nodo piatto di stoffa appoggiata sul seno e poi cucita dietro la schiena con una specie di grafica ruche: il massimo dell'espressione sartoriale con il minimo di punti possibile.
La cosa più strana e divertente sono le scarpe: grandi e sgraziati ciabattoni da doccia foderati di visone colorato. Lo stesso materiale prezioso ma assurdo per la stagione estiva compare sulle deliziose decolleté giallo canarino oppure grigio ghiaccio che rappresentano l'unica alternativa alle ciabatte tolto un paio di curiose calze in nylon montate sui tacchi e decorate da unghie laccate di rosso. «Le donne devono sempre indossare qualcosa di surreale» dice la Philo nel backstage e a noi tocca crederle perché questa sottile ragazza madre tra l'altro di tre bambini è un vero genio degli accessori. Anche stavolta le borse Celine sono fantastiche: quattro buste in pelle morbidissima, una delle quali, arrotolata e stretta in mano, sostituisce il manico. Anche da Hermès la borsa a bustina tecnicamente detta «clutch» impazza nonostante il modello di stagione sembra essere una gigantesca Birkin in canvas con una striscia di pelle colorata. Certo se una donna è molto ricca e magra quanto basta, potrà anche concedersi un paio di short in coccodrillo blu copiativo abbinati alla giacca color terracotta dai revers giallo zafferano sotto al caban nero con maniche bianche. Stranamente brutte le fantasie floreali per non parlare di quelle a mosaico. Sulle stampe fanno un lavoro impeccabile Carol Lim e Humberto Leon, esotico duo (lei di origini coreane, lui cino-peruviane, entrambi nati a Los Angeles e amici dai tempi dell'università) che da qualche stagione disegna Kenzo. I due hanno inventato una specie di giungla asiatica vista attraverso i raggi infrarossi per decorare la maggior parte dei loro modelli: tute dal vago sapore militare, chemisier tagliati a sahariana ma senza spalle, lunghi trench. Tutto molto fresco e mettibile come è sempre stata la moda di Kenzo, ma con un pizzico di attenzione in più per gli accessori che sono il vero core business della moda contemporanea.
Anche per questo la sfilata di Ennio Capasa per Costume National ci sembra semplicemente sublime: veri vestiti, fatti con un modernissimo senso del tailoring ovvero delle costruzioni sartoriali che partono dalla tradizione per arrivare all'evoluzione. In una blusa a bustier c'è la memoria dello smoking sotto forma di revers appeso al collo come bretella, una giacca mezza bianca e mezza nera finisce da una parte in pantalone e dall'altra in gonna, mentre il gioco delle baschine asimmetriche nell'insolito accostamento di rosso fuoco e rosa buganvillea diventa pura poesia. Volutamente crudele l'immagine delle mani che tagliano le ali a un uccellino oppure una foglia di aloe stampata su alcuni abiti oppure sulle buste a mano. «È frutto di una collaborazione con ToiletPaper, il magazine di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari» spiega Capasa nel backstage.

Rabih Kayrouz, dolcissimo designer libanese di stanza a Parigi, evita le stampe e pensa alle grandi viaggiatrici del primo '900. Il risultato sono gradevoli abitini in maglia di cotone pieghettata a mille foglie giallo sole oppure bianco latte che sfilano senza scarpe e con grandi cappelli di paglia.

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