Il ciclone Marine Le Pen si prende la Francia

Ha messo l'asticella sulla tacca più alta. E l'ha superata in un balzo solo. Grazie al 25 per cento conquistato ieri Marine le Pen conferma la promessa di fare del Front National il primo partito di Francia. E trasforma in realtà i peggiori incubi degli avversari. L'incubo angosciato di un Partito socialista sotto il 15% il cui ministro Ségolène Royal parla di «choc mondiale» e indica allarmata la decisone di un elettore su 4 di scegliere «un partito violentemente antieuropeo». L'incubo travagliato dei neogollisti dell'Ump, superati di quasi 5 punti (20,5 %) e sempre più i divisi tra chi ipotizza un'alleanza con quell'ex «paria» della politica e chi vorrebbe mantenerla tra gli «intoccabili». Incubi accentuati dalle dichiarazioni di una vincitrice che - appellandosi al voto di un «popolo capace di parlare con voce alta e chiara» - si rivolge al presidente Hollande reclamando lo scioglimento dell'Assemblea nazionale per far posto a un Front National votato da un elettore su quattro.
Eppure, nonostante la confusione degli avversari, nonostante la trasformazione degli «intoccabili» di «papà» Jean-Marie nel primo partito di Francia, Marine non può dormir sonni tranquilli. Nei collegi del Nord Ovest tradizionalmente «suoi» ha conquistato il voto di un elettore su tre, ma ora deve dimostrare di saper guidare quella destra euroscettica ed eternamente divisa che sostiene di rappresentare. Solo dimostrando di essere la vera leader di una nouvelle droite europea Marine Le Pen potrà guadagnarsi a Strasburgo quella verginità politica che Parigi le nega. E trasformarsi nella sfidante di Hollande alle presidenziali.
A Strasburgo il primo scoglio sarà la formazione di un gruppo euroscettico di almeno 25 eurodeputati provenienti da sette formazioni nazionali diverse. Se il quorum dei 25 eurodeputati è già raggiunto, più complesso è dar vita alla coalizione dei sette. L'inglese Nigel Farage, il fratellino euroscettico più rilevante grazie al successo oltremanica dell'Ukip, l'ha già liquidata come un «alleato velenoso» in virtù «dell'antisemitismo iscritto nel Dna del Front National». E a confermare la perniciosità politica di quell'accusa arriva dall'Olanda la sconfitta del Partito Liberale di Geert Wilders. Proprio l'alleanza preventiva con un Front National accusato di «anti-semitismo» avrebbe sottratto a un Wilders i voti anti islamici, ma anche filo israeliani del suo elettorato. E così, anche dando per scontato il sì della Lega di Salvini, dell'Fpo austriaco, del Vlaams Belang flammingo e dei Democratici Svedesi con cui s'è già accordata, la signora non avrà gioco facile a trovare un settimo convitato accettabile. Soprattutto dovendo escludere, per motivi di presentabilità politica, l'ultradestra ungherese di Jobbik o quella greca di Alba Dorata.
Se sopravvivrà ai giochi di Strasburgo la Le Pen dovrà ripetere il risultato di ieri sul fronte dove sbarramenti uninominali e ballottaggi garantiscono l'alternanza di socialisti e neo gollisti. Lì attendersi quel «terremoto politico» pronosticato dalla Le Pen potrebbe rivelarsi velleitario. I socialisti potrebbero continuare a governare e la destra tradizionale a spacciarsi come unica, vera opposizione. Nel medio periodo le formazioni potrebbero affidarsi a uomini e scelte in grado di rendere complessa la marcia della Le Pen. Per contrastare i successi del Front National la barra del timone socialista potrebbe passare da un François Hollande, relegato a cadavere presidenziale, a un premier Manuel Valls già pronto a trasformarsi nel Renzi d'Oltralpe. Un Valls che ieri parlava di un momento grave ed evocava lo stesso terremoto politico di cui parlava la sua avversaria.

Sul versante opposto la destra tradizionale potrebbe rassegnarsi al ritorno di un Nicolas Sarkozy deciso - magistrati e processi permettendo - a chiedere l'abolizione di Schengen per riappropriarsi dei suffragi di quella deriva euroscettica responsabile dei successi del Front National.

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