Denim di lusso e stola in estate: lo stile «sbagliato»

ParigiLe ultime sfilate di Parigi son fatte a scale: c'è chi scende da quelle mobili per dimostrare che la moda Vuitton dell'estate 2013 è un capolavoro di alta geometria con tanto di studi prospettici su quella grandiosa forma architettonica che è la colonna, e c'è chi sale su una monumentale struttura in legno che comprende tribune, gradini, isole e passaggi per assistere al trionfo della contraddizione firmato Miu Miu. «È molto elegante ma tutta sbagliata» dice infatti la grande signora del made in Italy poco prima di far fare alle modelle una specie di gimcana sulla bellissima struttura lignea costruita dallo studio Amo di Rem Koolhas per presentare la collezione Miu Miu negli stupendi spazi modernisti del Palais d'Iéna progettato a suo tempo dall'architetto Auguste Perret.
Marc Jacobs spiega invece di essersi ispirato al lavoro dell'artista concettuale Daniel Buren «Les Deux Plateau» (la celebre serie di 260 colonne poste a tre diverse altezze su una griglia dentro al cortile del Palais Royal) per disegnare con geometrica perfezione la nuova moda di Louis Vuitton. Il geniale stilista americano ha quindi chiesto allo stesso Buren di progettare il sensazionale set della sfilata. I modelli erano decorati a scacchi (verdi, grigi, neri, color carne e di nuovo gialli ma sempre sul bianco) in una perfetta rievocazione del motivo Damier creato nel 1888 dallo storico marchio francese che questa volta rinuncia addirittura sulle borse al celeberrimo disegno logato della Toil Monogram. Perfino i fiori che decorano alcuni capi da sera sono fatti da innumerevoli minuscoli quadratini, l'unica fantasia possibile su questi capi costruiti come semplici rettangoli in verticale interrotti orizzontalmente su tre livelli. Da Miu Miu le forme sono invece talmente classiche da profumare di vintage (tanti tailleur con la gonna dritta, l'abito intero e la stola buttata sulla spalla) anche se poi tutti i materiali sono trattati in modo da essere irriconoscibili. Il più bello è sua maestà il denim trasformato in un tessuto couture, ma c'è anche un'inedita mischia di seta e cotone con metallo per ottenere il giusto effetto stropicciato e il raso duchesse oltre alle pellicce di volpe o visone con quella tintura detta tie & dye che negli anni Settanta si faceva in casa.
«C'è voluto del coraggio per buttare certe stoffe per non parlare delle pellicce nella tintura - dice lady Prada - ma il risultato mi piace molto: il tie & dye è una cosa naif, direi quasi brutale, il simbolo stesso della contraddizione all'eleganza rarefatta dei capi». Sarà vero, ma da uno spirito libero come il suo ci si aspetta qualcosa di più del gioco borghese di fare una cosa e poi fingere di disfarla. Questa sfilata ci sembra più che altro nascosta dietro a un impeccabile lavoro di styling, ma siamo ben lontani dall'emozione provata dieci giorni fa a Milano con Prada. Parigi chiude comunque in bellezza questa interminabile stagione di passerelle.

Quella di McQueen è così poetica e sognante nella sua ricerca di nuovi assoluti. Tutto è riferito alle api e agli alveari. Elie Saab invece rilancia il composè ovvero vestirsi dalla testa ai piedi con lo stesso colore o fantasia. Molto per bene, molto ben fatto. Pure un po' troppo.

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