E Veltroni fugge da Bassolino

Veltroni arriva oggi in Campania ma non incontra il governatore. E i gravi problemi di Napoli per il Pd rimangono senza risposta

da Roma

No, we can’t, a quanto pare non si può fare, Walter non ce la fa. E ancora una volta il nodo irrisolto resta, la «bassolineide» continua. Walter Veltroni sbarca in Campania oggi, ma non chiuderà il caso di Antonio Bassolino, e delle sue ormai leggendarie dimissioni: per ora non lo incontrerà nemmeno, rimanda al 9 aprile, quando tornerà a Napoli, la scelta difficilissima se mostrarsi al suo fianco dopo lo sfacelo di «munnezzopoli».
Che il leader del Pd avrebbe baciato per terra pur di ottenere una defezione «spontanea» è noto. Che Bassolino non ci pensi nemmeno, è altrettanto chiaro. La genesi dei rapporti fra l’ex sindaco e il governatore, è lunga e tormentata, una storia nata nei tempi antichi, a metà degli anni ottanta, nella segreteria del Pci. E deve essere probabilmente anche questo legame para-familiare, a rendere sempre più difficile il ben servito che Veltroni dovrebbe dare - ma non riesce - a Bassolino. Di solito i governatori locali sono il patrimonio del consenso, e mostrarsi al loro fianco vuol dire ottenere dei testimonial. Solo in questa incredibile campagna elettorale del Pd i nuovi candidati fanno sfracelli ogni volta che aprono bocca, e i vecchi sponsor sarebbe meglio averli contro che a favore. Dice Silvio Berlusconi che «Veltroni è uno straordinario comunicatore» e «un grande illusionista»: ma nemmeno Houdini potrebbe far sparire la Caporetto dell’emergenza rifiuti sotto cui è crollato il consenso del centrosinistra in Campania. Solo tre giorni fa, nel confronto virtuale con il Cavaliere nelle tribune Rai, Veltroni ha avuto un sorprendente (per lui) attimo di sbandamento proprio per una domanda del direttore del Tg2 Mario Mazza sul suo viaggio elettorale in Campania. Mazza, con fantastica malizia, sapendo che Veltroni preferirebbe mille volte morire piuttosto che farsi fotografare con l’ex sindaco di Napoli, ha infatti chiesto: «Ha già deciso se salirà sul palco insieme con Bassolino?». Perfido, ma efficacissimo. E infatti il leader del centrosinistra per un attimo ha balbettato: «Francamente... al palco... non ci ho ancora pensato». Delizioso. Se non altro perché da almeno un mese quel palco è diventato il più rovente di tutto il tour veltroniano. L’ex sindaco di Roma, nel primo programma del pullman avrebbe dovuto salirci sopra il 31 marzo. Poi al Loft è scattato un allarme, perché si voleva evitare che Berlusconi arrivasse in Campania subito dopo. La data del viaggio in Campania è slittata al 5 aprile. E poi al 9 (il paventato viaggio di Berlusconi, alla fine, avverrà prima). In realtà, in una campagna che Veltroni voleva consegnare alla categoria del «coraggio» (corriamo da soli) le dimissioni di Bassolino e il ricambio della giunta che aveva sulle spalle il più grande disastro eco-ambientale sembravano una mossa obbligata. Veltroni le avrebbe preferite molto prima del voto, ma non è riuscito a ottenerle nemmeno nel momento di massima forza, dopo le primarie. La sua prima visita a Napoli dopo l’investitura a leader, avvenne alla stazione fluviale, e produsse un primo difficile compromesso. Sul palco salirono solo i volti nuovi del Pd, i magistrati-coraggio, i ragazzi di Scampia, Bassolino e la Jervolino accettarono a denti stretti di restare in prima fila. Non riuscendo a risolvere le contraddizioni con una scelta, insomma, si cercava di mimetizzarle con una coreografia. Con il risultato tragicomico che la manifestazione fu interrotta da un commerciante che aveva perso il figlio e non aveva trovato aiuto dalle istituzioni (attimi drammatici, durante l’intervento a sorpresa), e poi col paradosso dei ragazzi di Scampia che misero in imbarazzo sindaco e governatore raccontando la storia di uno stadio promesso dalle giunte, costato miliardi e mai realizzato; e col dettaglio curioso che persino la comica invitata per alleggerire la situazione faceva battute sulle eco balle (con Antonio e Rosetta che ci ridevano su).
L’altro giro di boa nel tormentato braccio di ferro si compie un mese fa col rinvio a giudizio di Bassolino. Anche stavolta Veltroni vorrebbe le dimissioni e - sia pure in forma velata - le chiede («Mi aspetto un gesto di responsabilità»). Anche stavolta Bassolino risponde picche. Quando si varano le liste, per giorni il capolista dovrebbe essere il ministro Niccolais, volto nuovo della politica campana ed ex assessore della giunta Bassolino. Ma il governatore non ci sta, si attacca al telefono. Anche stavolta Veltroni si piega al we can’t e decide di accettare il compromesso, con Massimo D’Alema (che «garantisce» Bassolino) numero uno, e «il rinnovatore» Niccolais retrocesso. A questo punto però si salda l’asse dalemo-bassoliniano e parte il contropiede: a Napoli arriva come assessore al turismo Claudio Velardi. Ma Velardi è molto più che un rimpiazzo, più che l’ex guru di Massimo D’Alema, uno che convince Bassolino alla prima uscita pubblica dopo 4 mesi di auto-reclusione. Parla alla stazione marittima il governatore, e non gli va male: così Bassolino ritrova il coraggio di andare avanti fino all’arrivo di Walter, e al relativo momento-verità. Ma la partita si fa più complessa.

D’Alema ha lanciato segnali di distanziamento da Veltroni, e dopo il voto, se Walter scende sotto il 35%, si apre la resa dei conti nel Pd. Bassolino spera di tenere in Campania. «Quando si dimetterà lo può decidere da solo», spiegava ieri Velardi. We can’t. No, non si può fare. E così i rifiuti peseranno anche sui consensi di Veltroni.

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