False verifiche fiscali per ottenere tangenti, otto persone arrestate

Tra le vittime Tommaso Di Lernia, l'imprenditore titolare della Print Sistem già coinvolto nell'inchiesta Enav-Finmeccanica: dopo aver pagato una tangente di 750mila euro per ammorbidire l'accertamento (fasullo) ha ricevuto la visita dei veri esattori. Scoperto anche un traffico internazionale di stupefacenti

Sembrava tutto vero: i tesserini di riconoscimento dell'ufficio delle Entrate, i verbali di verifica, il piglio professionale con il quale i sedicenti esattori acquisivano la documentazione contabile dell'imprenditore preso di mira. Invece erano solo dei truffatori che fingendosi funzionari del Fisco inscenavano false verifiche fiscali e chiedevano tangenti per ammorbidire l'accertamento. Concussione, truffa aggravata e traffico internazionale di stupefacenti sono i reati per i quali i finanzieri del Comando provinciale di Roma hanno arrestato otto persone in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Pierluigi Balestrieri su richiesta dei pm Paolo Ielo e Luigi Fede. Sedici le persone indagate.
La vicenda è venuta alla luce quando una delle vittime, quel Tommaso Di Lernia titolare della Print Sistem già coinvolto nell'inchiesta Enav-Finmeccanica, dopo aver subito una falsa verifica fiscale e aver pagato una tangente di 750mila euro per evitare guai peggiori, ha ricevuto un'altra visita dei funzionari delle Entrate, questa volta, però, di quelli veri. Dalla finta ispezione sono partite le indagini che hanno portato agli arresti di oggi. Al vertice dell'organizzazione il consulente del lavoro Alessandro Grassi, incastrato assieme con i suoi complici da intercettazioni telefoniche e ambientali. Con lui per le false verifiche sono finiti in carcere Dante D'Addario, funzionario dell'agenzia delle Entrate in pensione, e l'ex ufficiale della Finanza Marco Piunti. I domiciliari sono toccati invece a Celestino Iannarelli e Marco Lisotti. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno scoperto che Grassi costituiva il terminale di uno strutturato gruppo di calabresi, ma residenti nella capitale, attivo nell'importazione di droga dai Caraibi. In particolare gli indagati stavano organizzando il trasporto di un grosso quantitativo di cocaina per il quale avevano già versato ai narcos un acconto di 700mila euro. Per il traffico di stupefacenti l'ordine di arrestio in carcere è stato emesso, in concorso con Grassi, per i cugini Salvatore e Bruno Palamara e per Antonio Talia. Per rendere più credibili le verifiche fiscali le vittime venivano ricevute, grazie alla complicità dell'ex funzionario, negli uffici delle Agenzie delle Entrate.

Ciò, si legge nell'ordinanza di custodia cautelare, creava o insinuava «nel soggetto passivo uno stato di paura o di timore idoneo a viziarne o ad eliderne la volontà, costringendolo o inducendolo alla promessa o alla dazione di una somma o di altra utilità non dovuta».

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