Finito l'idillio, è guerra aperta tra Saviano e De Magistris

Dopo avergli tirato la volata elettorale, lo scrittore accusa il sindaco di essere opportunista e senza idee. E il primo cittadino: "Non basta scrivere un pezzo, vieni a Napoli a lavorare"

Finito l'idillio, è guerra aperta tra Saviano e De Magistris

C'erano i professionisti dell'antimafia, in perenne lotta per la primogenitura, e ora si aggiungono quelli dell'anticamorra. In gara per chi parla di più, accusa meglio i boss, sbugiarda i casalesi inquinatori. E ovviamente per chi usa l'offesa più pesante. Perché stavolta la guerra è totale tra il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, e lo scrittore Roberto Saviano.

Sono lontani i tempi in cui l'autore di Gomorra con un'articolessa delle sue su Repubblica tirò la volata all'ex magistrato. Nemmeno allora Saviano sembrava entusiasta di De Magistris, benché li unisse un forte sentimento antiberlusconiano. Nella lenzuolata anti-Lettieri (candidato del centrodestra vicino a Nicola Cosentino) si trova una sola espressione favorevole a «Giggino 'a manetta»: «La parola d'ordine più significativa della campagna elettorale di De Magistris è il ritorno alla gestione ordinaria». Non granché, ma allora l'importante era sbarrare la strada al candidato del «satrapo Cosentino».

Pochi mesi dopo lo scrittore aveva già cambiato idea sul nuovo sindaco. All'inizio dello scorso gennaio un paio di tweet affilati decretarono un primo strappo, consumato sulla revoca del presidente dell'azienda che raccoglie la munnezza partenopea. Raphael Rossi, manager piemontese caro a Marco Travaglio, fu defenestrato a soli sei mesi dall'arruolamento in mezzo a mille imbarazzi. Saviano non gradì: «Mi sarei aspettato più chiarezza». E poi: «Sulla questione rifiuti a Napoli non ci si può permettere zone d'ombra».

Ora siamo ai pesci in faccia. Lo scrittore paragona il sindaco a Johnny Stecchino che nel film di Roberto Benigni dichiara: «Il problema di Palermo è il traffico». Ribatte Giggino: «A Saviano dico solo: perché non vieni a Napoli a lavorare, a metterti a disposizione? È un giovane che ha scritto belle cose, va bene andare da Fazio, va bene scrivere gli editoriali su Repubblica, ma Napoli bisogna viverla. Bisogna lottare in questa città, il resto sono le solite cose che leggiamo quotidianamente sui giornali». Invece Saviano parla, parla, e se ne lava le mani, come Ponzio Pilato.

Punto sul vivo, in una pausa dell'udienza in cui si è costituito parte civile contro i casalesi, il guru dell'anticamorra riapre la contraerea su Repubblica. «Non si può andare in televisione, il giorno dopo la sparatoria davanti a un asilo, e non dire una parola su Scampia»: riferimento alla comparsata di De Magistris a Servizio pubblico di Michele Santoro. Il sindaco appare «distratto, in questa fase». Lo scrittore vede «la delusione di molti napoletani che non hanno visto un'idea, una proposta, un'azione di cambiamento forte. Non vorrei si usasse Napoli per una ribalta personale». Accusa pesantissima alla vigilia della presentazione romana del Movimento arancione.

A stretto giro la replica di Giggino: «Bisogna essere vicini a Scampia simbolicamente e concretamente. Non bisogna raccontare solo le cose brutte perché ci sono pure gli avvoltoi che pontificano e ci fanno lezioni su come amministrare. Sono tutti bravi a scrivere un pezzo e poi disinteressarsi di Napoli 364 giorni l'anno.

Bisogna amare la città con i fatti e non sputando ogni volta che c'è un omicidio». Narciso. Menefreghista. Arrampicatore arancione. Avvoltoio. Non è finita: «Mi attacca senza spiegare cosa ha fatto o intende fare», biascica il telescrittore. Il resto alla prossima rasoiata.

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