Domenica i sardi saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente di Regione. Se il centrodestra si presenta unito a sostegno del sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, mentre la sinistra si è divisa tra la grillina Alessandra Todde e l'ex presidente Renato Soru che gioca la sua partita da outsider.
Gli occhi sono tutti puntati verso la Todde perché, se vincesse, sarebbe il primo presidente eletto del M5S. Una pentastellata molto sui generis. "Era una dimaiana di ferro. È stato Luigi a volerla candidare come capolista nel collegio Isole alle Europee del 2019 e, dopo che non è stata eletta, ha imposto che entrasse nel Conte-bis", ricordano alcuni ex parlamentari di fidata fede dimaiana parlando del suo incarico da sottosegretaria al Mise. E, anche dopo la caduta del governo giallorosso, non venne lasciata in panchina ma fu promossa viceministra nell'esecutivo guidato da Mario Draghi. Pian piano, più la stella di Di Maio si spegneva e più la Todde diventava una fedelissima di Conte che la nomina vicepresidente dei Cinquestelle e, poi, in barba a tutte le storiche regole del Movimento, l'ha candidata a presidente della Sardegna. L'imprenditrice sarda, prestata alla politica "senza - osservano i più maliziosi - aver mai fatto un giorno di militanza nel M5S", è salita alla ribalta per essere riuscita a chiudere decine di tavoli di crisi. Dal dicembre 2019 al gennaio 2022, secondo i dati diffusi dal ministero dello Sviluppo Economico, le vertenze aperte sarebbero passate da 149 a una 70ina. "Il metodo introdotto al Mise in due anni di gestione delle crisi industriali e l'impegno quotidiano stanno dando i loro frutti anche se sono refrattaria ai toni trionfalistici e alle facili ricette", dichiarò all'epoca la Todde. Ma è davvero così? In realtà nelle parole della grillina c'era sia il trucco sia l'inganno. Nel settembre 2021, come rivelò il Foglio, l'allora ministro Giancarlo Giorgetti commissaria il suo viceministro istituendo una struttura di dieci esperti guidati da un tecnico, Luca Annibaletti, in quanto gli annunci roboanti della Todde erano privi di fondamento. Nell’elenco dei tavoli di crisi chiusi, infatti, si annoveravano imprese come Tosoni, Tecnis e Selcom elettronica che rientravano tra quelle fallite. Ma non solo. Tra le aziende che chiusero i battenti ci fu anche Air Italy, l'ex Meridiana che collegava la Costa Smeralda al "Continente", ossia alla Penisola italiana.
In altri casi, come quello della Pernigotti, fanno sapere fonti interne al Mise, "la Todde non si presentava ai tavoli perché, appurato che la situazione si era complicata troppo, preferiva evitare il confronto con i sindacati". Altre volte, invece, il tavolo veniva descritto come chiuso in quanto la pratica passava sotto un altro ministero. Il gioco delle tre carte...
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