GIUSTIZIA E POLITICA

RomaBocchino: «Inizia male». Urso: «È un buon inizio». Uniti e compatti come al solito, dentro Fli. Nemmeno sulla giustizia, che pure è una delle cause del divorzio dal Cavaliere, i finiani riescono ad avere uno straccio di posizione comune. Il partito è prossimo all’implosione, poggia su una faglia stabile come quella del Giappone, ogni scossa può far crollare altri pezzi. Il risultato è la paralisi, le formule astratte dell’«aspettiamo di vedere», «non siamo d’accordo ma bisogna dialogare», che nascondono un imbarazzo profondo. Dentro il partito ci sono almeno due partiti, e il punto di rottura coincide in gran parte con le divisioni sul tema giustizia (che poi in Fli si traduce con: Berlusconi e i suoi processi). Le posizioni, a volte opposte, si riassumono in due figure, entrambi avvocati. Uno è Giuseppe Consolo, cassazionista e docente Luiss, rappresenta l’ala dialogante con i berluscones, favorevole anche al legittimo impedimento. L’altro polo finiano è quello di Granata, penalista di Siracusa, oltranzista dello scontro. Nell’ala dura (quella che ha causato le molteplici defezioni degli ultimi giorni) ci sono ovviamente Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Angela Napoli e pochi altri. La maggioranza di Fli, composta da quelli che parlano di meno, è più sulla linea Consolo. E gli altri colonnelli finiani? Sono note le perplessità di Andrea Ronchi, mentre Urso ha parlato in modo chiaro e con accenti che sembrano diretti ai suoi colleghi innanzitutto. La riforma della giustizia «è un buon inizio», secondo Urso, e va «implementata con atteggiamento costruttivo da parte di tutti», in primis da parte di Fli. La riforma della giustizia va affrontata senza paraocchi, preconcetti o pregiudizi: nel merito. Naturalmente questo lo si può fare se non verranno surrettiziamente inserite norme ad personam». Anche «la legge sul legittimo impedimento, rivista giustamente dalla Consulta» può e deve «essere difesa» secondo l’ex viceministro, in fibrillazione dopo la costituente Fli di Milano che ha formalizzato la vittoria dei «bocchiniani» rispetto alle altre anime del partito di Fini.
Urso sta dando vita a una corrente interna, moderata, di Fli, che riunisce altri (ex) fedelissimi di Fini. Se Urso è diventato un moderato, dopo una fase di dura opposizione al premier, significa che gli smottamenti dentro il Fli sono stati molto pesanti. Anche perché c’è un’ala ancora più moderata rispetto al neo-moderato Urso, il che vuol dire che i pasdaran sono in minoranza, pur avendo il controllo del partito. Sulla giustizia si registra una posizione più garantista (per cultura politica pregressa) del nuovo capogruppo Della Vedova. Anche Bocchino peraltro è stato costretto a riformulare il suo giudizio sulla riforma della giustizia, da fortemente negativo a moderatamente positivo («il dialogo è difficile ma necessario»).
Nell’ala dialogante si teme una pregiudiziale politica alla riforma, che metterebbe in ulteriori difficoltà le «colombe». Anche perché, come fa notare un autorevole ex esponente di Fli (uno di quelli usciti nelle ultime settimane), «a suo tempo ci eravamo impegnati, con la Buongiorno, su almeno tre punti dei cinque che qualificano la bozza Alfano. Sulle carriere separate di pm e giudici e sul doppio Csm da parte di Fli c’è sempre stato il via libera», mentre sull’obbligatorietà dell’azione penale e sul rapporto tra pm e polizia giudiziaria c’era un dibattito in corso, non un muro contro muro.

Infatti, quando Fli e Pdl lavoravano sul testo, ci fu l’accordo sul rinnovo delle presidenze di commissione, tra cui quella della Giustizia (alla finiana Buongiorno). «Un segnale evidente di disponibilità al confronto» dice l’ex Fli. Almeno a quel tempo (che poi è solo qualche mese fa).

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