"Io scaricato lascio il partito" È il tracollo finale di Monti

L'ex premier si dimette da presidente di Scelta civica dopo lo strappo di 11 senatori sulla legge di Stabilità e punta il dito contro il ministro Mauro e l'ex discepolo Casini

"Io scaricato lascio il partito" È il tracollo finale di Monti

RomaIl «salvatore della Patria» scaricato pure da Scelta Civica. Il Professore rassegna le dimissioni dal centrino e trasloca al gruppo misto. Lo dice in un comunicato secco e articolato: «Rassegno le dimissioni da presidente di Scelta Civica. La presidenza verrà assicurata dal vicepresidente vicario Alberto Bombassei. Domani lascerò il gruppo Scelta Civica del Senato e chiederò l'iscrizione al gruppo misto». Due le fratture decisive all'interno del centrino: la valutazione sulla politica economica del governo Letta e il futuro del partito, specie in rapporto con il Ppe. La scintilla che provoca l'incendio è un comunicato in cui, di fatto, mezzo partito si rivolta al Professore. Lo firmano undici senatori ma il dodicesimo, il ministro Mario Mauro, è forse il deus ex machina dell'intera operazione. Assieme a Casini. Gli undici scrivono: «La legge di Stabilità predisposta dal governo è un primo passo nella giusta direzione. Ce ne aspettiamo altri per avviare un pacchetto di riforme che liberino maggiori risorse da collocare sul sostegno alle imprese e al lavoro. E abbiamo apprezzato il lavoro svolto dai ministri Mauro, D'Alia, Moavero Milanesi e Cancellieri, che hanno assicurato un apporto qualificato e coerente con le nostre proposte». Firmato: Albertini, Casini, De Poli, Di Biagio, Di Maggio, D'Onghia, Marino, Merloni, Olivero, Romano e Rossi. Sono gli undici congiurati che di fatto virano a 180 gradi rispetto al loro leader Monti, che invece era stato critico sulla manovra. E che sarebbe stato molto infastidito dalla presenza di Mauro a fianco di Letta alla conferenza stampa per presentarla. Il comunicato ha il suono di un ennesimo schiaffo e il senatore a vita rompe gli indugi: basta, me ne vado.

Spiega Monti: «Sulla legge di Stabilità ho avuto scambi di opinioni all'interno di Scelta Civica, in particolare con i presidenti dei gruppi parlamentari al Senato (senatore Susta) e alla Camera (onorevole Dellai), con i responsabili economici (Lanzillotta, Ichino, Zanetti) e con il portavoce politico (Della Vedova). Su tale base, ho espresso una prima valutazione, soddisfacente quanto al rispetto dei vincoli europei; timido per quanto riguarda la riduzione delle tasse; insoddisfacente per quanto riguarda l'orientamento alla crescita». Ma il problema è un altro, dice Monti: «Oggi (ieri, ndr) undici senatori appartenenti al gruppo hanno rilasciato una loro dichiarazione congiunta», in linea con il ministro Mauro, che «è venuto preconizzando, da un lato, una linea di appoggio incondizionato al governo, che non è la linea di Scelta civica, linea definita dai suoi organi direttivi». Altro nodo è il futuro del partito. Specie nell'ottica europea ma non solo. «Il superamento di Scelta civica in un soggetto politico dai contorni indefiniti ma, a quanto è dato capire, aperto anche a forze caratterizzate da valori, visioni e prassi di governo inconciliabili con i valori, la visione e lo stile di governo per i quali Scelta Civica è nata» è l'altra goccia che fa traboccare il vaso. Monti è sempre stato ancorato al Ppe ma ha chiuso la porta al Pdl; e ha pure strizzato l'occhio a quelli dell'Alde, l'alleanza dei liberali e democratici europei, che piacevano ai montezemoliani. Mauro, viceversa, sogna un grande centro formato da Sc, Pdl e Udc e avrebbe incontrato Berlusconi per prospettargli una lista unica nel Ppe, all'insaputa di Monti.

Non solo: nel centrino montiano quelli di Italia Futura guardavano con favore al Pd a guida Renzi. Adesso si parla di una possibile divisione in due del gruppo al Senato. Insomma, un guazzabuglio dal quale Monti non s'è trovato più. Decapitato.

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