L'influenza della Banca d'Italia si espande a macchia d'olio il caso

RomaCi sono circa mille metri di distanza tra via Nazionale 91, sede della Banca d'Italia, e il palazzone del ministero dell'Economia in via XX Settembre 97. È la breve passeggiata che dovrà percorrere Daniele Franco, neo ragioniere generale dello Stato. Nei prossimi giorni lascerà palazzo Koch per fare il suo ingresso nel palazzo delle Finanze, voluto nella capitale da Quintino Sella. Un trasloco breve e rapido, dunque, ma non indolore: è la prima volta in 143 anni di storia della Ragioneria che all'incarico di ragioniere generale arriva un uomo targato Bankitalia.
La decisione, che sta provocando mugugni e malumori nelle stanze e nei corridoi della Ragioneria, è stata presa da Fabrizio Saccomanni, il ministro dell'Economia «targato» Bankitalia, e ratificata ieri dal Consiglio dei ministri. Era nell'aria sin da quando l'ex direttore generale della banca centrale era stato nominato ministro del governo Letta. Mario Canzio, il ragioniere in carica dal maggio 2005, va in pensione nel segno della «discontinuità».
Il motivo dell'avvicendamento con Franco è intuitivo: Saccomanni preferisce un fedelissimo per ricoprire il ruolo più delicato all'intero della gigantesca struttura ministeriale del Tesoro. La Ragioneria ha poteri smisurati: interviene, in sede di esame preventivo, su ogni disegno di legge o atto del governo che possa avere ripercussione diretta o indiretta sulla gestione economico-finanziaria. E senza il «bollino» del ragioniere generale non passa neppure un codicillo. Di fatto, il ragioniere è il dominus della spesa pubblica. A questo punto Bankitalia si appresta a blindare il bilancio dello Stato.
Il ventesimo ragioniere generale viene, come abbiamo visto, da palazzo Koch, dove fino a ieri era direttore centrale dell'Area ricerca economica e relazioni internazionali. Franco ha sessant'anni, è nato in provincia di Belluno, e lavora nella banca dal 1979. L'area di influenza della nostra banca centrale si spande così a macchia d'olio, fino ai centri vitali dell'economia pubblica, dal fisco al controllo della spesa. Nel tempo, la Ragioneria ha allargato la sua sfera d'azione dal campo del mero riscontro contabile a una sorta di «servizio studi e analisi» del ministro dell'Economia. È la Ragioneria a trovare le famose «coperture» alle leggi di spesa, anche se alla fine le decisioni sono politiche. Ma essendo sia il ministro che il ragioniere di provenienza Bankitalia, il mantenimento di una rigida linea di controllo sui conti pubblici è assicurato.
La sfera di influenza della banca centrale nel Paese si allarga sempre di più. Quasi superfluo ricordare che ex governatori e direttori generali sono diventati chi presidente della Repubblica (Einaudi e Ciampi), chi premier (Ciampi, Dini), chi ministro dell'Economia (Ciampi, Dini, Saccomanni), chi superbanchiere centrale europeo (Draghi). Si sono superati anche i limiti strettamente economici: basti pensare all'ex vicedirettrice generale Anna Maria Tarantola, nominata presidente della Rai da Mario Monti.
Ma in queste settimane si consolida soprattutto l'asse Francoforte-Roma. Non è un segreto che il legame personale tra Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, e Saccomanni sia molto stretto. Per Draghi, Saccomanni rappresenta una garanzia, ora rinforzata dall'arrivo di Franco alla Ragioneria. Non solo. È noto che il presidente Napolitano ascolta sui temi economici principalmente Draghi, Saccomanni e il governatore Ignazio Visco.

Nella storia d'Italia non c'è mai stata un'influenza così diretta della banca centrale sull'esecutivo. Le «prediche inutili» di Luigi Einaudi sembrano lontane anni luce. Adesso, più che mai, Bankitalia è nella stanza dei bottoni.

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