L'intesa Pdl-Lega si riavvicina Il Cav: potrei fare solo il ministro

Il leader Pdl lavora all'accordo con Maroni. Scontro frontale col premier: "Dovrebbe lasciare Palazzo Chigi e dimettersi da senatore a vita"

Silvio Berlusconi con il leader della Lega Roberto Maroni
Silvio Berlusconi con il leader della Lega Roberto Maroni

Roma Appuntamento da Santoro il 10 gennaio. Imperdibile serata politico pulp, la concorrenza rimedi almeno un Don Matteo, un'edizione speciale della De Filippi. Nell'attesa di riabbracciare Michele, Berlusconi continua a mazzolare il Professore, l'inutile Centrino e a sperare nell'accordo con Maroni che se la tira neanche fosse Pep Guardiola. Una trattativa estenuante che in serata («Sto chiudendo l'accordo!») avrebbe avuto la svolta decisiva. Silvio è in collegamento con Radio Radio, il network romano vicino al «Movimento» di Zamparini. Affronta la questione del giorno, l'indomabile Lega. L'alleanza serve alla causa e per questo il Cavaliere è disposto a sacrificare la premiership: «Il Carroccio sottrarrebbe un 5%, rendendo più difficile la vittoria dei moderati. Ci si deve accordare, posso fare il ministro dell'Economia, il ministro degli Esteri, qualunque cosa giovi al Paese, ai moderati e a coloro che non si riconoscono nella sinistra, tanto non c'è problema, sono qui contro natura, alla mia età bisognerebbe fare altro».
Stoppare il rigurgito rosso degli ultracomunisti al varco elettorale merita dedizione. «Credo di essere rimasto l'unico baluardo della democrazia e della libertà contro la sinistra e sono qui ancora a combattere per questo». Ma c'è anche Mario Monti, che non sarà comunista ma ne ha combinati di guai. «Monti come tutti i professori parla sempre ex cathedra e non accetta di essere contraddetto. È gente lontana dalla realtà che guarda dal buco della serratura mentre ha lo stipendio sicuro e non conosce le difficoltà che ha chi guida un'impresa». Avrebbe dovuto dimettersi da un pezzo: «È stato nominato senatore a vita da Napolitano con il mio accordo, è stato sostenuto dal Pd e dal Pdl alla guida di un governo tecnico e super partes e oggi, contraddicendo le precedenti dichiarazioni, ha deciso di fare politica anche polemizzando in primo luogo con i partiti che lo hanno sostenuto, al punto che appare inconciliabile il ruolo di presidente del Consiglio e di candidato alle elezioni. Se fosse stato davvero corretto avrebbe dovuto dimettersi da senatore a vita e da presidente del Consiglio».

Si parla anche delle apparizioni in tv: «Scherziamo? Monti ha parlato quattro volte al giorno per tredici mesi mettendosi in mostra. Io stavo zitto. Ora fa le stesse cose che faccio io, ma se lo fa lui non è scandalo. Se lo faccio io sì...». E con l'occasione conferma che giovedì 10 gennaio sarà a Servizio pubblico, il programma di Michele Santoro su La7. «Per parlare a un pubblico importante in una situazione in cui non mi è stata data nessuna possibilità di andare a un prime time». E perché non ha «nulla da temere». Si prosegue con l'affondo all'esecutivo: «In un anno è successo di tutto, il governo tecnico ci ha lasciato in piena recessione. Dobbiamo fare sapere agli italiani che siamo ancora qui con un'esperienza decennale di governo e un programma per tirare fuori il Paese dalla recessione». A questo punta l'offensiva mediatica che sta dando frutti: «Il Pdl è oltre il 20%, dal 14 da dove eravamo partiti dopo un anno di mio silenzio. A questo dobbiamo aggiungere Fratelli d'Italia che ci fa arrivare al 22,6. Ma possiamo arrivare al 40%, io ci credo!». L'ultima stoccata è per Antonio Ingroia, candidato premier per Rivoluzione Civile.

«Si è rivelato della sinistra estrema e questo la dice lunga su come stanno le cose nella magistratura in Italia. Una magistratura che cerca di colpirmi nell'immagine e sul piano patrimoniale come l'ultima sentenza sugli alimenti da dare alla mia ex moglie».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica