Raccontare come una guerra tra generi quella innescata dalle cinque-donne-cinque messe a capolista nelle circoscrizioni elettorali alle prossime europee da Matteo Renzi significa fare il titolo a effetto da commedia all'italiana («Maschietti contro femminucce») ma non cogliere pienamente il senso dell'operazione messa in atto dal sindaco d'Italia. Parlare come ha fatto Beppe Grillo di «quattro veline» (Alessia Mosca, Alessandra Moretti, Simona Bonafè e Pina Picierno, con buona pace della quinta, Caterina Chinnici, quasi sessantenne e al di sopra di ogni sospetto di velinismo) significa continuare a giocare alle olgettine. C'è a chi piace, ma non è questo il punto. La strategia di Renzi è chiarissima: nascondere dietro la cortina di fumo delle quattro «miss Europa» più una la conquista da parte sua di altri pezzi della galassia Pd che lui sta trasformando in satelliti.
Se infatti la Bonafè, capolista al Centro, è una renziana della prima ora, appartenente alla trimurti delle vestali del premier (le altre due sono Maria Elena Boschi e Sara Biagiotti) ma rimasta a secco nel primo giro di valzer governativo, le altre costituiscono un Opa renziana ad altre anime del partito. La Picierno, capolista al Sud, è una che è entrata nell'orbita renziana solo da poco, visto che un tempo, da franceschiniana osservante, non mancava mai di sfottere Renzi su Twitter con ogni pretesto. Uno tra tutti? «M'avanzano un sacco di cappellini della campagna di Renzi, che faccio li spedisco a lui o libero il mio garage?». Acida, la ragazza. Ma anche opportunista. Con Alessia Mosca, bionda e algida capolista del Nord-Ovest, Renzi allunga le mani anche sulle sconsolate pattuglie lettiane, mentre la bella e malinconica Alessandra Moretti, che si è vista sottrarre dalla Boschi la fascia di miss Pd, appartiene alla non più così nutrita schiera dei bersaniani. Roba da manuale Cencelli. Anzi, da manuale Renzelli.
Naturalmente queste manovre hanno provocato più di un mal di pancia, che sarebbe stupido ridurre a una schermaglia tra sessi. La lista degli scontenti annovera Michele Emiliano, sindaco di Bari, che si sfila dalla lotta definendo la sua candidatura «superflua», e Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa che racconta di essere stata presa in giro: le avevano promesso il primo posto, si è ritrovata terza. Quindi ciao. Masticano amaro anche altri mancati capilista: Renato Soru, Davide Sassoli, Sergio Cofferati, Flavio Zanonato. Tutti rispediti al mittente in nome del Risiko renziano in salsa rosa.
Il quale Renzi, intanto, dopo aver mandato un messaggio al congresso degli alleati di governo dell'Ncd («Caro Angelino, siamo una squadra compatta, determinata, giovane, con un obiettivo: quello di cambiare questo paese. Insieme»), nella serata di ieri ha fatto passerella a Milano nei luoghi del futuro Expo 2015. Dapprima annuncia «una violenta lotta contro la burocrazia, che significa che i politici devono partire da se stessi e io ne sono consapevole». Poi scherza con una coppia gay («Quando potrete sposarvi? A Grosseto si fa veloce, ho visto»), quindi sbeffeggia i giornalisti («Gli F35? Il problema sono gli F24». E poi: «Sono il quinto presidente del consiglio a visitare i lavori per l'Expo? Beh, il quinto sarà meglio»).
Ma l'umorismo chi lo pratica deve
anche saperlo subire. E così Beppe Grillo scherza su una frase di Renzi («Io mi alzo e penso: come posso oggi cambiare l'Italia?») e si domanda: «Ma davvero Renzi pensa». E in breve l'hashtag #Renziepensa? diventa virale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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