
Nell'intervista di questa mattina alla radio francesce Europe 1, Silvio Berlusconi lo aveva ribadito: "Io non sarò candidabile, anche se voglio riuscire a ottenere una revisione di questa sentenza politica, assolutamente ingiusta". Adesso, gli fanno eco gli avvocati Niccolò Ghedini e Franco Coppi che, nel ricorso alla Cassazione contro la sentenza con cui il 19 ottobre scorso la Corte d’Appello di Milano ha condannato il Cavaliere all’interdizione di due anni dai pubblici uffici nell’ambito della vicenda Mediaset, scrivono: "Due anni di interdizione dai pubblici uffici rappresentano una pena accessoria in misura certamente maggiore di quella che sarebbe stata consentita", anche perché sono stati calcolati su fatti prescritti.
"La sentenza impugnata, lungi dall’effettuare il giudizio di commisurazione della pena con specifico riferimento ai fatti contestati - limitati ormai all’inserimento in due successive dichiarazioni della società Mediaset spa di quote di ammortamento dei diritti televisivi acquisiti negli anni precedenti ritenute fittizie in quanto calcolate su una valorizzazione di tali diritti ritenuta anch’essa fittizia - ha allargato il campo alla valutazione di condotte che non solo costituiscono un mero presupposto di quelle (assai più limitate e circoscritte) per le quali è intervenuta la condanna ma in relazione alle quali è per di più intervenuta la prescrizione", osservano i difensori di Berlusconi.
Lo scorso ottobre, i giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello di Milano, chiamati dalla Cassazione dopo la condanna a 4 anni per frode fiscale a rideterminare la pena accessoria nei confronti del leader di Forza Italia, avevano dichiarato Berlusconi interdetto dai pubblici uffici per due anni (la Suprema Corte aveva fissato i paletti tra un minimo di un anno e un massimo di tre).
Lo scorso 25 novembre, la difesa del Cavaliere ha depositato il ricorso in Cassazione (l’udienza deve essere fissata) nel quale in prima battuta ripropone una questione di illegittimità costituzionale, già presentata, assieme ad altre, in appello: vede al centro una norma relativa al contenzioso fiscale nella parte in cui non prevede che all’imputato che paga i suoi debiti con l’erario, anche dopo l’apertura del processo, venga cancellata la pena accessoria. Sul punto nel ricorso di una quindicina di pagine i legali contestano le motivazioni con cui la Corte d’Appello ha respinto le eccezioni di illegittimità costituzionale.
Certo che alla sua età, due anni ne valgono venti, ma si meriterebbe l'interdizione perenne e quindi ha poco da lamentarsi.
Dopo la prova che ha dato in venti anni non gli affiderei nemmeno la gestione del mio condominio
Intanto qui non siamo all'apertura del processo ma ad UNA CONDANNA PASSATA IN GIUDICATO; secondo, se il principio assunto da Ghedini fosse percorribile il pregiudicato dovrebbe pagare i suoi debiti con l'erario per un importo di 360 milioni più gli interessi (è quanto ha frodato al fisco, ma la maggior parte è prescritta grazie alle leggine dello stesso pregiudicato) e non "solo" i 7 milioni per cui è stato condannato in via definitiva.
Alle scuole medie insegnano che le leggi hanno valore astratto e sono erga omnes. In questo Paese di merda un delinquente pregiudicato si fa votare le leggi ad personam da un Parlamento corrotto di sua prorpietà. E la chiamate democrazia ?
X Markos: Nei confronti di Berlusconi non c'è alcun odio mentre lo stesso non si può dire rispetto a quei 7 milioni di babbei che ancora oggi gli credono.