Il timing della Corte Penale Internazionale che ha atteso ben dodici giorni prima di emettere un mandato di cattura internazionale nei confronti del capo della polizia di Tripoli. La decisione di farlo proprio quando Almasri aveva appena varcato il confine italiano. E ancora: le protezioni, o presunte tali, che hanno permesso al cittadino libico di girare indisturbato per altri tre Stati europei. La vicenda Almasri, come sottolinea questa mattina il vicepremier Antonio Tajani, contiene ancora troppe ambiguità e domande senza risposte nette.
La scelta della Corte penale
Incalzato a margine della conferenza stampa di presentazione del disegno di legge del partito sulla medicina di base, il segretario nazionale di Forza Italia passa in rassegna tutti i dubbi che caratterizzano il caso Almasri e il conseguente terremoto poltico-giudiziario che ha colpito quattro personalità di spicco del governo, tra cui la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. La prima grande questione riguarda il timing quantomeno ambiguo della decisione firmata Corte penale internazionale. "È singolare l'atteggiamento della Corte penale, visto che questo signore, che noi abbiamo espulso, girava per tutta Europa da parecchio tempo. Perché non si è intervenuti prima?", ha evidenziato Tajani.
Che poi ha aggiunto: "Perché non ha chiesto alla Germania di fermarlo. Guarda caso quando è arrivato in Italia c'è stata la richiesta. Credo che anche la Corte deve dare conto delle sue scelte". La ricostruzione del ministro degli Esteri non solo ripercorre con dovizia di particolari il “viaggio” di Almasri, ma instilla un dubbio sul ruolo giocato dalla Corte penale. Dodici giorni sono abbastanza per ipotizzare una mancata prontezza di reazione nei confronti del comandante della prigione libica di Mittiga, Osama Njeem Almasri.
La teoria dell'atto "dovuto"
Da qui Tajani risponde anche alle accuse mosse dalla sinistra mediatica e politica che, nelle ultime ora, non fa altro che scagliarsi contro l’esecutivo. Il vicepremier sottolinea che Almasri "lo hanno liberato i magistrati, non l'Italia. Il Governo lo ha espulso e lo ha accompagnato per motivi di sicurezza nel suo paese. Punto. Mi domando perché la Corte internazionale non lo ha fatto arrestare in un altro paese". Una domanda sulla quale l’intera gauche dovrà riflettere. Ma l’invettiva di Tajani non si limita alla sinistra. Prima critica la scelta della Procura di Roma, e in particolare del procuratore Francesco Lo Voi, di iscrivere nel registro degli indagati Giorgia Meloni. “Non si tratta di un atto dovuto, lo dicono tutti i giuristi", spiega Tajani. Il problema è la "scelta di un magistrato di iscrivere nel registro degli indagati in una vicenda dove c'era discrezionalità. C'è una scelta, mi auguro non legata ad altre vicende, frutto di una richiesta di un avvocato che era stato con un governo di sinistra che fa parte dello schieramento di opposizione. A pensar male si fa sempre bene". Così, ribadisce Tajani, "non si fa l'interesse dell'Italia".
La stoccata contro l'Anm
Poi, concludendo, lancia una stoccata all’Anm, la quale ha sempre condiviso la teoria dell'atto obbligatorio. "L’Anm non è la Corte costituzionale. È una associazione molto politicizzata di magistrati. Ha delle opinioni ma non è infallibile come il Papa", ha sentenziato il vicepremier.
"Il fondamento delle democrazia moderna consiste nella separazione dei poteri, nessuno dei tre poteri deve scavalcare o invadere il terreno dell'altro. Il nodo del problema è che alcuni magistrati non vogliono la riforma della giustizia. Una giustizia - ha concluso - che cerca di travalicare i propri confini cercando di fare politica".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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