“Siamo favorevoli all’indicazione del presidente del Consiglio, al sindaco d’Italia”. È Carlo Calenda che parla. L’occasione è l’incontro a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni sulle riforme istituzionali. È il 9 maggio scorso, un’altra epoca. “Meloni si fermi, l’unica alternativa è il modello tedesco”. Sei mesi dopo, è sempre il leader di Azione che parla e la giravolta è servita. Dall’elezione diretta del premier, vecchia proposta del Terzo Polo e odierna ipotesi del centrodestra, al modello tedesco invocato dall’accoppiata dem-grillini è un attimo.
Calenda attacca il governo
Il numero uno di Azione, incalzato dal Corriere della Sera, è un fiume in piena. La riforma istituzionale, secondo la sua narrazione, non s’ha da fare né domani né mai. “Io sono preoccupato – esordisce il capo di Azione – Meloni invece di tenere unito il Paese ci sta facendo tornare ai guelfi e ghibellini”. La richiesta, con sprezzo del ridicolo, è sempre la stessa: abbandonare qualsiasi ipotesi di riforma e ancorarsi allo status quo fallimentare. “Chiedo alla presidente del Consiglio di fermarsi", annuncia Calenda. Il motivo? “Andando avanti di questo passo alla fine la stessa Meloni verrà travolta come è successo a Salvini o al Movimento 5stelle”.
Insomma, la riforma del centro destra non va bene e il premierato soft è fumo negli occhi per Calenda e soci. L’unica via di uscita, secondo l’ex front man del Terzo Polo, è il modello tedesco. Tradotto: la proposta di Elly Schlein e Giuseppe Conte. “Mi sento di dire a Meloni: perché non lavoriamo piuttosto sul modello tedesco?”. Ricapitolando: la maggioranza di destra – dopo aver abbandonato le ipotesi più radicali di un presidenzialismo americano o semi-presidenzialismo alla francese – ora dovrebbe stracciare il premierato e sposare in toto la proposta del campo largo. Il Paese delle “meraviglie” di Calenda è esattamente questo: “Si tratta di un modello consolidato – spiega Calenda – e che dal ’90 ha prodotto quattro cancellieri”. Il disegno di legge costituzionale, sul tavolo del governo, porterebbe invece a “conflitti tra premier e il presidente della Repubblica”.
La giravolta di Calenda
Il dietrofront di Calenda è sotto gli occhi di tutti. È sufficiente riprendere e riportare qualche “vecchia” dichiarazione per smascherare il gioco politico di Azione e del suo leader. Fino a non troppo tempo fa l’ex numero uno del Terzo Polo sosteneva: “Siamo favorevoli a un premierato, ossia a un presidente del Consiglio con poteri più forti, anche eletto direttamente, com’è da nostro programma”. Appunto, il programma presentato da Azione e Italia Viva, poco prima delle elezioni politiche dell’anno scorso, parlava chiaro e proponeva “l’elezione diretta da parte dei cittadini del presidente del Consiglio sul modello dei sindaci delle città più grandi”.
La difesa del diretto interessato lascia il tempo che trova: “Io non ero d’accordo nemmeno allora – si difende sul Corriere – Per Renzi quella era una condizione irrinunciabile e quindi alla fine l’abbiamo messa nel programma”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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