Basta mance, ora aiutiamo le imprese

Meno rigore, più flessibilità sui conti pubblici: prima apertura della Cancelliera al lodo Berlusconi

Basta mance, ora aiutiamo le imprese

Angela Merkel ha aperto un nuovo spiraglio di flessibilità nella interpretazione del patto di stabilità europeo. Ma esso è piccolo, incerto nelle modalità, condizionato, non esente da rischi perché la cancelliera tedesca è molto abile, nel prendere più di quello che dà. Sino ad ora solo Mario Draghi è riuscito a evitare i danni e a incassare i vantaggi, per altro non sempre ottenendo ciò che desidererebbe. La ragione della concessione attuale della Merkel è che si rende conto che la congiuntura nell'euro zona non migliora nella misura sperata. E ciò danneggia anche la Germania, perché riduce la sua crescita, che dipende in più larga parte da quella dell'euro zona, ora che la Cina su cui i tedeschi avevano soprattutto puntato non sta andando al ritmo di prima e stringe rapporti con la Russia, altro grande sbocco della Germania, che ha ora problemi. I tedeschi capiscono le cose in ritardo. Ma meglio tardi che mai. Ma ci sono molte insidie e molti «se» in questa apertura, per il governo Renzi. Innanzitutto la regola del pareggio non viene applicata al bilancio vero, ma a quello corretto per l'andamento del ciclo congiunturale, che essendo negativo comporta un deficit derivante dal ciclo avverso. E noi questa possibilità l'abbiamo sfruttata in pieno. Ci converrebbe avere una miglior congiuntura, con una crescita più robusta, che ci darebbe un bilancio migliore, con più entrate e più facilità di contenere le spese. Invece che ridurle, basterebbe impedire che aumentino, per ridurre il loro rapporto con il Pil, diventato più elevato. Comunque sin qui la Merkel gioca sulle concessioni passate, non dice niente di nuovo.

La novità può invece consistere in una eventuale deroga all'obbiettivo di riduzione del deficit, corretto per il ciclo rispetto a quella che è stata già applicata, in passato. Per la verità di più ad altri Paesi (come la Francia e la Spagna) che all'Italia. Ma lo spiraglio che Angela Merkel così apre ha le sue remore. Infatti si tratta di una flessibilità condizionata a comportamenti considerati virtuosi. Una politica per chi ha parametri che vi danno diritto, come la Francia che ha un basso rapporto fra debito e Pil. E la prassi, a cui la Merkel si è richiamata, per le nuove deroghe, consiste nel fatto che si possono ottenere piccole modifiche alla riduzione del deficit se si attuano bene gli adempimenti di altre parti del patto, come il contenimento del debito troppo alto, come nel nostro caso. E si fanno le riforme strutturali che generano crescita, in particolare, quella già attuata in Germania, del mercato del lavoro, della flessibilità realizzata mediante l'attivazione del diritto pieno alla contrattazione periferica. Nonché snellimenti burocratici, come quello nei ritardi di pagamento della Pa e dei ritardi nelle autorizzazioni.

E si attua una giustizia più certa e celere. Inoltre occorre evitare che l'aumento del deficit generi un aumento del rapporto fra debito e Pil anziché una sua riduzione. Dunque la deroga al deficit dovrebbe consistere in riduzione di imposte sui costi delle imprese, che aumentano la loro competitività e in investimenti in infrastrutture produttive, che generano crescita, cioè riduzioni nel rapporto debito Pil e importanti privatizzazioni. Il governo Renzi ha chiesto una deroga alla regola del pareggio corretto per il ciclo, di 0,2 punti per quest'anno e di 0,4 l'anno prossimo, che non gli è stata ancora formalmente connessa, rispetto al traguardo prestabilito. Inoltre il nostro debito è aumentato, ma non ci sono nuovi investimenti produttivi. E la riduzione di imposte connessa al maggior deficit è servita per gli 80 euro in busta paga, con cui Renzi ha vinto le elezioni europee e aumentato la sua popolarità come gli imperatori romani quando erogavano al popolo «panem et circenses», grano e spettacoli del circo. Ma non ha ridotto i costi delle imprese né i loro crediti con la Pa e quindi il loro stato patrimoniale operativo. La deroga gli è stata negata perché non ha realizzato comportamenti virtuosi.

Però sino ad ora non gli è stata mandata la procedura di infrazione. Dunque sta camminando sulla lama del rasoio, se non fa una politica liberale produttivistica, rischia di ottenere solo una piccola mancia, per tenerlo buono nel semestre italiano.

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