Con mille miliardi Draghi salverà l'Europa dalla Ue

Il governatore Bce è l’ultimo SuperMario rimasto contro l’egoismo tedesco: con le misure decise per fronteggiare la bassa inflazione ha rimediato all’immobilismo di Bruxelles

Con mille miliardi Draghi salverà l'Europa dalla Ue

A ncora una volta Draghi salva l'Europa dall'Europa. Il nemico non è più lo spread: è la deflazione figlia della politica economica sbagliata voluta dalla Germania. Insomma, errori su errori, con il mondo che se la ride. Se noi guardiamo al recente passato, ci facciamo assalire dalla rabbia e dal disgusto. Rabbia e disgusto contro chi ci dava lezioni tutti i giorni e accusava Berlusconi di aver portato l'Italia sull'orlo del baratro, utilizzando poi queste balle sesquipedali per far fuori il suo governo democraticamente eletto. Adesso lo spread è passato di moda. La missione è stata compiuta e non se ne parla più. Proprio ora che vediamo gli effetti delle politiche economiche sbagliate di Monti e Letta. Proprio adesso, cioè, che i dati macroeconomici del nostro Paese sono tutti negativi, e al peggior livello mai visto dal secondo dopoguerra. E che lo spread, quindi, dovrebbe essere alle stelle. Oggi, come allora, c'è qualcosa che non torna. O, meglio, stiamo finalmente avendo le prove del grande imbroglio: l'andamento dello spread non dipende, se non per un terzo, dalle politiche economiche dei governi; è, invece, per due terzi frutto delle tensioni sulla moneta unica (l'euro), e dalle risposte delle istituzioni europee alla speculazione internazionale. Istituzioni europee che, a partire dalla Commissione di José Manuel Barroso, negli anni della crisi hanno fatto sempre troppo poco e troppo tardi per contrastare le ondate speculative.

Ora l'imbroglio dello spread è stato svelato. La zona euro si trova davanti a un nuovo mostro, conseguenza delle politiche economiche sbagliate e recessive volute dall'Europa tedesca in risposta alla crisi dei debiti sovrani: la deflazione, una riduzione generalizzata del livello dei prezzi, dovuta alle aspettative di famiglie e imprese, che a causa della crisi e della stretta fiscale e creditizia rimandano al futuro gli acquisti o non hanno reddito per effettuarli.
Degli effetti di un'economia in deflazione risentono soprattutto i Paesi, come l'Italia, caratterizzati da elevato debito pubblico. Al contrario, in periodi come quello attuale, in cui l'attenzione è tutta concentrata sul piano di rientro dal debito degli Stati con un rapporto debito-Pil superiore al 60%, qualche decimale di inflazione in più aiuterebbe a rispettare gli impegni presi dagli Stati dell'Eurozona con il Consiglio e la Commissione europea. Per questo motivo, Mario Draghi ha annunciato che «il Consiglio dei governatori della Bce è unanime nel suo impegno a usare anche strumenti non convenzionali per gestire in modo efficace i rischi di un periodo troppo prolungato di bassa inflazione». Draghi non ha detto quando lo farà né come. Ma i mercati si fidano. E immediatamente lo spread è andato giù e le Borse su. Come il 24 luglio 2012, è bastata la parola. Nel fine settimana sono trapelate poi diverse indiscrezioni su quello che la Bce intende fare. In particolare, stando a quanto scritto dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, il piano dovrebbe consistere in acquisti, sul mercato secondario, di Asset Backed Securities (Abs), vale a dire di quei titoli con cui le banche cartolarizzano i prestiti concessi a famiglie e imprese. La Bce, pertanto, ritirerebbe «carta», vale a dire i titoli cartolarizzati, in cambio di moneta. Con la speranza che la liquidità così immessa nel sistema si trasferisca, per il tramite del settore finanziario, a famiglie e imprese sotto forma di finanziamenti. Un metodo per risolvere i problemi del credit crunch che blocca le economie dell'Eurozona. Portata dell'operazione: 80 miliardi di euro al mese per un anno. Totale: 960 miliardi. Arrotondati dai giornali, per rendere meglio l'idea, a 1.000 miliardi di euro.

Un passo indietro: 31 agosto 2012. Ben Bernanke annuncia la sua terza tranche di Quantitative Easing: 85 miliardi di dollari all'anno di bond garantiti da mutui ipotecari. Trovate le differenze rispetto al piano Draghi... A supporto della sua decisione aveva dimostrato che «con i due Quantitative Easing, del 2008-2010 e del 2010-2011, sono stati creati 2 milioni di posti di lavoro e il prodotto interno lordo degli Usa è aumentato di almeno il 3% in più rispetto a quanto avrebbe potuto crescere in assenza di interventi da parte della Fed». Il senso dell'operazione cui sta pensando la Bce appare, dunque, chiaro. Come sempre, non sono mancate le osservazioni della Banca centrale tedesca, la Bundesbank, che si è chiesta se «il mercato del debito privato in Europa sia grande abbastanza per il Quantitative Easing». Ma ciò che rileva, al di là delle indiscrezioni, è che l'impegno della Bce a intervenire in caso di «un periodo troppo prolungato di bassa inflazione» è stato preso dal consiglio direttivo all'unanimità. Quindi anche con l'assenso del membro tedesco del board. Unanimità che, per l'adozione di misure non convenzionali di politica monetaria, in seno alla Bce negli ultimi mesi era spesso venuta a mancare, proprio per il veto tedesco.

Dall'analisi dell'andamento dello spread sui mercati, messo in relazione con le decisioni della Bce, emerge chiaramente che le uniche ad avere le redini della situazione economica e finanziaria nell'Eurozona sono Germania e Banca centrale europea. Tanto più che gli altri strumenti, quelli di competenza delle istituzioni europee (Commissione e Consiglio), per far fronte alla crisi della moneta unica, derivante dall'architettura imperfetta dell'euro, sono bloccati. Il riferimento è alle 4 unioni: bancaria, economica, politica e di bilancio; e al Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che nasce con l'obiettivo di comprare titoli dei Paesi in difficoltà per «salvarli» dalla morsa della speculazione, ma finisce, a causa del veto tedesco, per acquistare titoli dei Paesi dalla tripla A. In sintesi, la nostra politica economica e i nostri governi non sono giudicati per quello che fanno, ma per come sono accettati o meno dai poteri forti dell'Europa del nord. E lo spread è stata l'arma creata ad arte negli anni della crisi economica e finanziaria per far cadere governi non graditi e sostituirli con esecutivi amici, più inclini ad accettare i diktat dell'Europa tedesca.

In questo contesto, solo l'azione della Banca centrale europea è riuscita ad arginare i danni causati all'economia reale e al tessuto sociale dei Paesi dell'Eurozona dalla speculazione finanziaria e dalla non reattività delle istituzioni comunitarie. Bravo Draghi, dunque. L'unico super Mario che ci è rimasto. Ma il suo protagonismo altro non è che conseguenza del vuoto lasciato dai governi e dall'Unione. Fino a quando vogliamo andare avanti così? Basta con questa Europa tedesca. Basta con questa Europa indecisa a tutto.

E basta anche con questo Renzi che, pur di vincere le Europee e conquistarsi così una legittimazione politica che non ha, ci sta infilando in guai ancor peggiori di quelli di Monti e Letta: promette e annuncia riforme che non è in grado di portare a termine, facendoci perdere definitivamente la faccia. Senza strategia, senza cultura di governo, solo con la sua dannata fretta e il suo dannato volontarismo d'accatto. Il potere per il potere. Non meritavamo questa fine.

 

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