"La Orlandi? Macché rapita, è a Parigi"

L'uomo che ha fatto ritrovare il flauto (forse) di Emanuela, ora parla di "allontanamento volontario"

"La Orlandi? Macché rapita, è a Parigi"

È stato lui a far ritrovare il flauto di Emanuela Orlandi e ai magistrati ha raccontato molte cose sulla sua scomparsa. Quando però ieri ha letto su un giornale che avrebbe anche ammesso di essere stato uno dei telefonisti del sequestro della quindicenne si è precipitato in Procura per rettificare: «Non c'è stato nessun sequestro: Emanuela Orlandi e Mirella Gregori si sono allontanate spontaneamente». L'ultima strampalata versione sulla scomparsa della cittadina vaticana sulla quale i magistrati romani indagano da 30 anni arriva da questo cinquantenne che gli inquirenti hanno interrogato più di una volta. L'ennesimo depistaggio? O qualcosa di credibile c'è?

Certo, se fosse vero quello che il testimone ha raccontato sulla sparizione della Orlandi, avvenuta nel giugno del 1983, e di Mirella Gregori, nel maggio dello stesso anno, l'inchiesta che cerca di fare luce su questo giallo infinito farebbe un bel balzo in avanti. Ma i pm sono molto cauti, come anche Massimo Krogh, il legale che da sempre assiste la famiglia Orlandi e che, abituato com'è a rivelazioni e farneticazioni di ogni genere, bolla come «inverosimili» le ultime novità. Comunque eccola la versione di M.F.A., così come la raccontava il Corriere della Sera di ieri. Parte tutto dal ritrovamento di un flauto, avvolto in alcuni fogli di giornale, uno dei quali del 29 maggio 1985 riportava un articolo sul sequestro.

La segnalazione della presenza dello strumento musicale suonato da Emanuela sotto una formella raffigurante una stazione della via Crucis è arrivata più di un mese fa con una telefonata alla trasmissione Chi l'ha visto. La magistratura ha acquisito il flauto sul quale ha disposto una consulenza tecnica alla ricerca di aventuali tracce organiche da comparare con il Dna della giovane o di impronte digitali, intanto è risalita all'uomo e lo ha interrogato. Lui non si è tirato indietro, anzi ha riempito pagine di verbali in cui avrebbe raccontato di aver fatto parte di un «nucleo di intelligence» che esercitava pressioni sulla Santa Sede. Sarebbe stato lui, rivela, uno dei telefonisti del sequestro e sempre lui, il 22 giugno 1983, sarebbe stato appostato in corso Rinascimento, a Roma, per scattare fotografie alla Bmw a bordo della quale ci sarebbe stato il boss della banda della Magliana Renatino De Pedis e sulla quale sarebbe stata fatta salire Emanuela. Non sarebbe stata quella l'unica occasione in cui avrebbe visto la ragazza. Nei mesi successivi l'avrebbe incontrata tantissime altre volte, fino al dicembre del 1983, quando sarebbe stata trasferita all'estero, «nei sobborghi di Parigi». Emanuela, sostiene, non avrebbe subito violenze, avrebbe vissuto in due appartamenti e in due camper e potrebbe essere ancora viva, chissà dove, così come Mirella Gregori.

M.F.A. avrebbe fatto parte di una «lobby di controspionaggio» che avrebbe ordito una trama per condizionare la Curia nella quale si inserirebbe la scomparsa delle due quindicenni. Scomparsa che all'inizio fu «allontanamento volontario». «Creammo una trama di amiche con cui si allontanarono», dice. Una compagna di scuola, per la Orlandi, «che salì con lei su un'auto assieme a un finto prete». La Gregori, invece, si sarebbe innamorata di un membro dell'organizzazione e sarebbe fuggita all'estero per tornare a Roma nel 1994 quando avrebbe incontrato di nascosto la madre.

Insomma, un racconto a tratti inverosimile e che infatti gli inquirenti valutano con molta cautela, soprattutto alla luce della catena di depistaggi che hanno

scandito le inchieste giudiziarie sulla sparizione delle due giovani. Certo se la consulenza tecnica sul flauto dovesse confermare che era proprio quello di Emanuela l'attendibilità del testimone dovrebbe essere rivalutata.

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