La patente ai cantieri. Strumento moralisitico

Dopo il decreto governativo che istituisce la patente a punti nei cantieri, i sindacati si preparano a rilanciare la posta, minacciando ulteriori iniziative di protesta qualora non vengano accolte le loro proposte

La patente ai cantieri. Strumento moralisitico
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Dopo il decreto governativo che istituisce la patente a punti nei cantieri, i sindacati si preparano a rilanciare la posta, minacciando ulteriori iniziative di protesta qualora non vengano accolte le loro proposte. Malgrado si tratti di una misura che, a tutta prima, evidenzia alcune significative criticità nell'applicazione, la patente a punti che Cgil, Uil e i sindacati di base immaginano dovrebbe essere ancor più restrittiva e ampia. Tant'è che il leader Cgil, Maurizio Landini (foto), ha dichiarato ai quattro venti che «la patente a punti deve essere estesa a tutti i settori produttivi». Gli ha fatto eco Pierpaolo Bombardieri, segretario della Uil, che ha attaccato il governo sostenendo che «la vita di un lavoratore vale 20 crediti (per la cronaca la base di partenza è di 30 ndr), e si può lavorare con 15 mentre 5 si recuperano con un corso di formazione. Dopo Firenze ha aggiunto - ci aspettavamo una risposta più decisa». Ancora più radicale la linea del Unione sindacale di base che propone di istituire il reato di omicidio sul lavoro. Quasi superfluo ricordare che anche il Pd è da tempo schierato sulla linea dell'intransigenza estrema.

Ora, come analizzato in un esauriente articolo

di Vittorio Feltri su queste pagine, i numeri degli ultimi anni non segnalano alcuna emergenza in merito alla mortalità sul lavoro. Peraltro, va ricordato che l'Italia adotta la metodologia più rigorosa nel conteggio degli infortuni, includendo anche chi è vittima di incidenti stradali nell'andirivieni lavorativo: cosa che con la responsabilità della fabbrica c'entra assai poco. Ciononostante, a dispetto di chi specula su ogni presunta emergenza, negli ultimi trent'anni la tendenza degli infortuni gravi, in rapporto alla popolazione lavorativa, è in leggera ma costante discesa, tanto che il nostro Paese è al 21° posto in Europa per decessi accertati.

Quindi, stabilito che il sistema normativo nel suo complesso è ragionevole, anche se non bisogna mai accontentarsi in termini di sicurezza, in questo caso la spinta imposta dalla sinistra politico-sindacale rischia di tradursi nella più classica eterogenesi dei fini, creando più problemi rispetto a quelli che si propone di risolvere. Ad esempio, continuando a mantenere la nostra rigorosa classificazione, ciò significa che le imprese edili debbono sperare che un loro dipendente non resti vittima di un incidente stradale, altrimenti i punti persi impedirebbero ad essa di operare per un lungo tempo. Ma anche due infortuni che determinassero il fermo dal lavoro per oltre quaranta giorni, con la perdita di 20 punti complessivi, imporrebbe lo stop alla medesima

impresa.

Di là di altri elementi di evidente criticità, sul piano strettamente economico si ha l'impressione che questo ennesimo tentativo di estirpare il «male» nella società attraverso un ulteriore appesantimento burocratico, che aumenterà inevitabilmente il contenzioso in materia, si aggiungerà ai tanti disincentivi a produrre presenti nel nostro sistema, senza modificare una casistica che già ci vede agli ultimi posti in Occidente.

E sebbene si possa comprendere la scelta politica del governo di tamponare il clima di allarme generato dalle voci concitate dei sindacati, si spera che alla fine prevalga la ragionevolezza, ponendo un argine alle richieste di chi vorrebbe trasformare il mondo del lavoro in una giungla burocratica. In questo caso l'ossessiva ricerca del meglio, come disse Voltaire, appare piuttosto nemica del bene.

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