La perizia choc su Cucchi: «Morto di fame e di sete»

La perizia choc su Cucchi: «Morto di fame e di sete»

RomaMorto per malnutrizione. Stefano Cucchi è stato stroncato da una grave carenza di cibo e liquidi mentre era ricoverato nel reparto di medicina protetta dell'ospedale romano Pertini dove avrebbe dovuto essere curato e dove, invece, i dottori lo avrebbero lasciato morire «per inanizione». Colpa soprattutto dei medici, dunque, che sottovalutarono le condizioni generali di salute del detenuto e, nonostante ci fossero segnali di allarme già due giorni prima del decesso, non lo trasferirono in terapia intensiva quando rifiutò di essere alimentato. E le lesioni riscontrate sul corpo del giovane geometra? Compatibili sia con un'aggressione che con una caduta accidentale («non vi sono elementi che facciano propendere per l'una piuttosto che per l'altra dinamica lesiva»), anche se la diagnosi è più favorevole a questa seconda ipotesi e quindi la pista del pestaggio in cella comincia a traballare fortemente.
I periti nominati dalla III Corte d'Assise di Roma cambiano lo scenario del processo a sei medici, tre infermieri e tre agenti della polizia penitenziaria ritenuti responsabili della morte del giovane avvenuta il 22 ottobre del 2009, sette giorni dopo il suo arresto per droga. Tra una settimana i giudici ascolteranno in aula le conclusioni degli esperti milanesi e valuteranno se siano o meno compatibili con la ricostruzione dell'accusa. Certo la consulenza è durissima con i medici, scagiona del tutto gli infermieri («non si individuano profili di responsabilità professionale che abbiano influito in qualche modo sull'evoluzione della patologia di Cucchi e che quindi ne abbiano in alcun modo condizionato il decesso») ed è senz'altro favorevole agli agenti della penitenziaria che per i pm avrebbero picchiato il detenuto nelle celle del Tribunale mentre aspettava la convalida dell'arresto. I periti, invece, alla storia dell'aggressione non sembrano dare troppo credito perché le lesioni di Cucchi, al capo e all'osso sacro, sono «circoscritte» e «di per sè non idonee ad influenzare metabolicamente sull'evoluzione clinica infausta della sindrome da inanizione». Anzi, lesioni di quel genere di solito non richiedono neppure il ricovero, disposto invece dopo che era stata riscontrata una «presunta frattura recente di L3». All'origine della fatale ospedalizzazione, dunque, ci sarebbe stato un errore diagnostico. I periti sono chiari: «Le lesioni di Cucchi non possono essere attribuite con certezza ad episodi traumatici avvenuti tra l'arresto e il ricovero». Ritengono, inoltre, che in mani esperte Cucchi si sarebbe potuto salvare. «L'allarme rosso - scrivono - era in atto con gli esami del 19 ottobre e da questo momento Cucchi per avere un trattamento appropriato doveva essere trasferito in una struttura di terapia intensiva». Invece i medici non si resero conto di essere di fronte ad un caso di malnutrizione importante e «non si curarono di monitorare il paziente sotto questo profilo, nè hanno chiesto l'intervento di nutrizionisti e non trattando il paziente in maniera adeguata ne hanno determinato il decesso».
Una conclusione che non soddisfa Ilaria Cucchi: «Ma mio fratello è morto per colpa sua?», chiede.

Per suo padre Giuseppe la perizia è «sibillina»: «Pur riconoscendo le lesioni non risponde alla domanda: “da chi sono state causate”?». L'avvocato Fabio Anselmo rimane convinto che «i traumi di Stefano siano compatibili con colpi diretti etero inferti».

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