Proshek contro Prosecco: ma la Ue brinda in italiano

La Croazia entra nell'Unione europea e nasce il conflitto. Il Veneto chiede che cambino nome. E Bruxelles potrebbe stare dalla nostra parte

L'Unione europea è quella cosa strana capace di fissare limiti minimi e massimi per la circonferenza delle palline di gelato e poi accettare senza fare un plissè che a Zagabria stappino una bottiglia di Proshek per festeggiare l'ingresso nel club del Vecchio Continente. Per carità, ognuno a casa propria è libero di bere quello che vuole, ma se un vecchio socio del nuovo club è già famoso per ospitare un consorzio che tutela i produttori di 350 milioni di bottiglie di Prosecco, qualche problema potrebbe saltar fuori.

Che Proshek e Prosecco siano due cose diverse, basta bere un bicchiere dei due vini per rendersene conto. Non c'è confronto, è ovvio, e non occorre specificare quale sia il migliore. Ma è proprio per questo che la Croazia, 28° paese a far parte dell'Unione europea (da luglio), ciurla nel manico delle bottiglie e utilizza un nome e un'etichetta che potrebbe indurre in errore i bevitori poco accorti dell'Europa distratta. Il ministro Tihomir Jakovina aveva messo le mani avanti: «Non mi sembra che ci saranno particolari problemi, si tratta di due vini diversi, dal nome simile, ma non identico». Il Proshek, in effetti, è un vino dalmata dolciastro, da servire dopo il pasto, prodotto appassendo l'uva bianca prima della vinificazione. Niente a che vedere col Prosecco vero, quello italiano, quello del Consorzio di tutela Prosecco Doc, che mette insieme i produttori di nove province tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, per quasi 20 mila ettari di vigneto e oltre 10 mila aziende. Quanto basta per fare arrabbiare di brutto alcuni eurodeputati leghisti, da Giancarlo Scottà a Lorenzo Fontana a Mara Bizzotto, che hanno attivato una batteria di difesa nei confronti degli usurpatori croati. La Bizzotto, per esempio, ha presentato un'interrogazione alla Commissione Ue in cui si chiedeva la rinuncia da parte della Croazia dell'utilizzo del nome Proshek. «Giocando sull'assonanza col nostro Prosecco - scriveva l'europarlamentare veneta - si rischia di ingannare i cittadini e di creare pesanti danni economici e d'immagine ai nostri produttori. L'Ue ha il dovere di tutelare adeguatamente i nostri produttori dalle imitazioni prodotte all'estero». La difesa dei produttori croati è scattata subito. «Il Proshek lo facciamo da sempre in Dalmazia - hanno replicato - e stiamo preparando la documentazione per combattere ogni tentativo di intrusione da parte di altri. Quello è il suo nome tradizionale e nessuno ce lo toglierà». Già col Tocai i veneti finirono col perdere una battaglia memorabile, ma sul Prosecco non hanno intenzione di mollare. E proprio ieri Mara Bizzotto ha annunciato quello che ritiene un primo parziale accoglimento delle istanze italiane da parte dell'Ue.

Il commissario europeo all'Agricoltura, Dacian Ciolos, ha risposto all'interrogazione ammettendo che «in questo contesto, l'utilizzo in commercio del termine Proshek può creare problemi giuridici nella misura in cui rientra nel campo d'applicazione dell'art 118 del Regolamento CE n° 1234/2007, poiché la denominazione croata potrebbe entrare in conflitto con la protezione della Dop italiana Prosecco». Risposta talmente complicata che non lascia affatto tranquilli i produttori nostrani.

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