Ormai è una guerra senza esclusione di colpi. Perché l’impulso autodistruttivo della sinistra, oggi passa per una marcia di avvicinamento alle primarie per la scelta del candidato premier che rischia di far più vittime tra i compagni di partito che nel campo del centrodestra. Ce ne fosse stato ancora bisogno, lo scontro ideologico e generazionale ha avuto la sua rappresentazione più plastica nell’ultimo botta e risposta tra Massimo D’Alema e Matteo Renzi. A distanza, per fortuna, perché fossero stati più vicini, chissà come sarebbe potuta andare a finire.
“Renzi non è il rimedio, ma è peggio del male perché è un elemento di divisione”, la sua risposta alle domande di Lilli Gruber davanti alle telecamere di “Otto e mezzo“. “Il difetto del centrosinistra è stata la divisione, la fragilità delle alleanze. Abbiamo bisogno, per evitare di tornare a questo errore, di una personalità che unisce e questa è la ragione per cui sostengo Bersani”. Una presa di posizione a cui ne seguono altre ancor più dure. E a proposito delle richiesta di Renzi alla nomenklatura del Pd di farsi da parte, “dove non c’è rispetto per le persone - la risposta stizzita di D’Alema - non c’è stoffa di leader”. Non solo. “Mi fa male che quando mi sono candidato nel 2001 a Gallipoli, venne Berlusconi a dire ’cacciamolo’. Aver sentito la stessa cosa nel mio partito, è una caduta di stile”. Per annunciare un inatteso “Se vince Bersani io non mi candido, ma se vince Renzi è scontro”.
Una resa dei conti durissima all’interno del Pd per decidere la supremazia nella sinistra. Non solo italiana. Guerra di generazioni, ma anche e soprattutto di visioni della politica e del mondo. Anche perché, in quegli stessi minuti, Renzi era a Milano, impegnatissimo a dare la scalata ai salotti buoni. Quelli dell’imprenditoria e della finanza che conta. Niente a che vedere con le salamelle alle feste dell’Unità o la solidarietà ai lavoratori davanti ai cancelli delle fabbriche che chiudono.
“Serve la Terza repubblica”, la parola d’ordine del sindaco di Firenze durante la cena di finanziamento della sua campagna elettorale per le primarie del centrosinistra a cui ha partecipato un qualificato parterre di banchieri, capitani d’azienda, consulenti finanziari e colletti bianchi convocati dal golden boy della finanza Davide Serra, il fondatore a Londra del fondo Algebris. Un centinaio i partecipanti, mille euro il contributo minimo. Cena apparecchiata alla Fondazione Metropolitan, a pochi passi dal Duomo, a cui fra gli altri hanno partecipato il numero uno di Deutsche Bank Italia Flavio Valeri, il presidente di Lazard e Allianz Italia Carlo Salvatori, l’ex dg di Bpm Enzo Chiesa, Andrea Soro di Royal Bank of Scotland, il finanziere Francesco Micheli e l’amministratore delegato di Amplifon Franco Moscetti. E poi giovani manager di Mediobanca e professionisti di diversi studi legali milanesi.
Corruzione, evasione, pensioni troppo alte, stipendi statali superiori alla media europea, costi eccessivi per la spesa pubblica rispetto al servizio prestato sono gli attuali i mali dell’Italia secondo Renzi.
Che agli invitati ha posto una domanda: perché il debito italiano sale e la crescita scende? Tra le risposte l’evasione fiscale cronica e bassa competitività, il sistema tributario troppo complesso e la scarsa produttività, corruzione e pochi lavoratori, costo dell’energia troppo alto e sistema giudiziario inefficace. Tra le ricette per uscire dalla crisi: una riforma fiscale, taglio della spesa pubblica, investimenti, riforma del sistema giudiziario. La guerra a sinistra è appena cominciata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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