Tanto tuonò che piovve. Salvatore Borsellino, il fratello del magistrato trucidato nel 1992 a Palermo in via D'Amelio, padre del movimento delle «Agende rosse», rompe gli indugi e molla il candidato premier Antonio Ingroia. Alla base della rottura, la richiesta, non esaudita, di mettere in lista, in posizione vantaggiosa, due fedelissimi del movimento di Borsellino, due giovani molto impegnati nella società civile. Ma per due candidati quasi certamente persi, altri due giornalisti antimafia militanti arruolati: correranno, a quanto sembra, per la lista dell'ex pm Saverio Lodato dell'Unità e Sandra Amurri, del Fatto Quotidiano Una cronista, quest'ultima, che è anche stata una dei testimoni dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, mollata da Ingroia prima per l'incarico in Guatemala e poi per la discesa in campo in politica.
La rottura tra Ingroia e Borsellino, da qualche giorno, era nell'aria. E ieri si è consumata, tra Facebook e note ufficiali. Un botta e risposta che, sino a sera, non ha trovato spazio sul sito internet ufficiale di «Rivoluzione civile», proprio mentre la polemica rimbalzava via internet su tutti i quotidiani. Lo aveva annunciato, Borsellino. Aveva detto che temeva che si stessero privilegiando più i partiti che la società civile, a dispetto dei proclami. E ieri, su Facebook, si è sfogato: «Con rammarico debbo dire -ha scritto - che difficilmente potrò confermare quell'appoggio che, dopo alcune perplessità iniziali, avevo dato alla lista. Probabilmente qualcuno era interessato unicamente alla mia candidatura e una volta venuta a cadere questa ipotesi, non ha ritenuto di volere dare fiducia ai giovani da me indicati. Borsellino accusa: «I due rappresentanti del mio movimento che, insieme a tanti altri giovani, mi avevamo dato la disponibilità ad essere candidati nella lista di Rivoluzione Civile e che io avevo indicato come elementi di punta per il loro curriculum, per le loro qualità intrinseche e per l'impegno e la passione sempre profusa nelle attività del nostro movimento, non hanno trovato posto nella lista di Antonio Ingroia se non posposti, e non di poco,ad altri nomi sia di politici che della società civile». I primi «in base alle contrattazioni di vecchio stampo tra i partiti componenti la lista», i secondi «scelti in base alla notorietà ed alla visibilità mediatica che non sempre coincidono con l'impegno civile». Un siluro. Intervistato da Lettera 43 Salvatore Borsellino ha anche aggiunto: «Mio fratello non si sarebbe mai tolto la toga da magistrato. Guardo con interesse i giovani del Movimento 5 Stelle con cui ho sostenuto numerose battaglie sociali».
Affidata a una nota la risposta dell'ex pm candidato premier: «Nutro grande stima, affetto e riconoscenza per l'impegno e la passione profusi in questi anni da Salvatore Borsellino nella lotta per la verità sulle stagioni più buie della nostra storia. Conoscendolo, capisco anche il suo disappunto per il fatto che la lista civica che abbiamo organizzato contiene anche, al suo interno, esponenti di punta di partito, ma Salvatore deve sapere che noi non siamo antipolitica. Noi crediamo nella possibilità di mettere insieme le energie migliori della società civile e della buona politica. Quegli stessi partiti che hanno combattuto dentro e fuori il Parlamento la battaglia per la verità sulla trattativa Stato-mafia e sulla stagione delle stragi». Ingroia fa i nomi, da Di Pietro a Diliberto. E poi le vittime di mafia, come Franco La Torre. Chiedo a Salvatore - continua -di rispettare questi nomi e questi nostri candidati. Non meritano di essere considerati scelti "in base alle contrattazioni di vecchio stampo tra i partiti componenti la lista". Sarebbe ingeneroso da parte sua».
Sin qui il botta e risposta. Intanto Ingroia arruola, dopo Sandro Ruotolo, esperto di mafia e spalla di Michele Santoro, altri due giornalisti antimafia: Saverio Lodato e Sandra Amurri.
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