Elly scansati, lascia fare a noi anziani. La questione generazionale scuote il Pd in un singolare rovesciamento dei piani.
Dove una segreteria di 38 anni, eletta da appena nove mesi, si trova commissariata dalle «vecchie glorie» di una Ditta che non abbassa mai le saracinesche.
Basta buttare un occhio a DiMartedì o leggere Repubblica per trovare i grandi ex come Bersani e Prodi (nella foto) al capezzale di un partito che non funziona, con ragionamenti che evocano già il dopo Schlein. Le parole dell’ex premier sembrano invitare gli elettori dem a pazientare fino alle elezioni europee prima di vedere cambiamenti sostanziali: «Solo dopo il voto, si potrà tornare a ragionare di unire l’opposizione. Prima, ogni sforzo è destinato a fallire».
Anche Bersani, ormai, è percepito alla stregua un saggio allenatore vincente da richiamare in panchina per raddrizzare una stagione storta. «Ci vuole un moderatore più che un federatore» non ha perso il gusto della battuta l’ex segretario che sfiorò Palazzo Chigi nel 2013.
La sbornia radical-grillina che ha portato Elly Schlein alla guida del più grande partito della sinistra è passata da un pezzo, eppure i postumi non saranno smaltiti così in fretta.
In nome di un rinnovamento di tendenza mediatica, che ha anteposto i diritti Lgbt ai lavoratori delle fabbriche e del precariato, i dem hanno scelto di scartare la classe dirigente della generazione di mezzo. E l’esperimento viene già dato per fallito senza dover attendere le Europee 2024.
Diventa comprensibile, per una forza finita ai margini, guardare ai padri nobili delle ultime
elezioni vittoriose. Ma dal 1996 sono ormai trascorsi oltre 27 anni e lo scenario politico italiano è cambiato velocemente quanto il mondo. Prima della «moderna» Schlein, lo ha già capito un Professore di vecchia scuola.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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