"Sistema corrotto e illegale per colpire gli avversari della sinistra giudiziaria"

Renzi: "Non ci sono una cupola o servizi stranieri, ma interferenze di servizietti indigeni"

"Sistema corrotto e illegale per colpire gli avversari della sinistra giudiziaria"

Mattinata con una corsetta sul Lungotevere («ma non sono in forma, ho fatto solo otto chilometri), pomeriggio al Senato serata a Firenze con una cena in famiglia in vista della Leopolda che parte oggi. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, scende in campo sullo scandalo delle schedature politiche illegali.

Senatore Renzi, stanno emergendo scenari devastanti sui dossieraggi contro politici e personalità. Lei ama parlare spiccio: chi ricatta chi?

«Parlo per la mia esperienza personale: non volevano ricattarmi, ma più banalmente distruggermi. E con me hanno iniziato nel 2019 violando il database per avere informazioni sulla mia casa. Io ho sempre fatto le cose in regola e questo mi ha salvato dal punto di vista processuale e penale. Ma l’obiettivo non è solo quello di farti condannare: il primo obiettivo è quello di farti saltare i nervi, toglierti il sonno, distoglierti dal tuo impegno politico. Passi le giornate a organizzare come ribattere. E perdi serenità. Io sono stato aiutato dal mio carattere e dall’affetto di mia moglie e dei miei figli. Ma ormai con le nuove tecnologie violare il database significa violentarti la vita. Quello che lei chiama ricatto arriva in un momento successivo. All’inizio è solo una guerra di nervi».

Sono stati scaricati oltre 33mila dossier personali. C'è una regia unica di screditamento o esiste un mercato di fascicoli da tenere in sonno ed estrarre non appena ci sia qualche personalità da colpire?

«Io non credo che ci sia una sorta di cupola. Ma so che chi voleva colpire un avversario prendendo informazioni sensibili poteva farlo grazie a questo sistema illegale e corrotto. Quello che mi colpisce è che le indagini sembrano indirizzate soprattutto contro avversari della sinistra giudiziaria. Questo fa male perché è indice di una cultura politica infetta».

Su Tangentopoli si parlò di un circuito mediatico-giudiziario ben preciso che partiva dalle procure e arrivava ai giornali amici. Si sta riproducendo lo stesso meccanismo trent’anni dopo?

«Paradossalmente se è vero quello che dice Cantone il sistema stavolta parte dai giornali e arriva ai finanzieri e alle procure. Si ribalta il percorso ma la sostanza non cambia: un rapporto indecente tra una parte della stampa a e una parte della magistratura. Le faccio un esempio: quando nel 2019 ho denunciato un singolo episodio alla procura di Firenze, episodio facilmente accertabile perché bastava capire chi avesse fatto accesso alla “spiata” contro di me, la toga rossa Luca Turco (che ha indagato più volte me, arrestato i miei genitori, processato mezza famiglia) fu incaricata – proprio lui, che strano – di indagare anche sulla mia denuncia. Ebbene dopo diciotto mesi le indagini sono state archiviate con un nulla di fatto. Eppure se avessero fatto una banale ricerca avrebbero individuato lo stesso metodo che è stato inaugurato con me e poi ripetuto migliaia di volte. Cantone mi sembra molto più determinato di Turco nel volere la verità. Quindi dico: Dossieropoli ha lo stesso meccanismo di Tangentopoli ma non facciamo di tutta l’erba un fascio. Cantone non è Turco. E Melillo, attuale procuratore antimafia, non è Cafiero de Raho, ex procuratore antimafia e adesso “casualmente” deputato grillino».

Il ministro della Difesa Crosetto ha collaborato alle indagini e si sta palesando come parte lesa in questa vicenda di spionaggio. Ci sono giochi strani attorno al responsabile delle forze armate mentre l’Italia è al centro di uno scenario di guerra?

«Torno al punto di prima. Oggi Crosetto rappresenta tutti gli italiani mentre gli estremisti Houthi attaccano le nostre navi militari nel mar Rosso. È ovvio che dovremmo tutti dare una mano per consentire a Crosetto di lavorare con la testa sgombra da pensieri e inquietudini personali. Invece, no. invece abbiamo un gruppo di servitori infedeli dello Stato e di giornalisti che viene accusato di violare la legge per creare difficoltà al ministro della Difesa in tempo di atti di guerra contro l’Italia. A me pare una follia. Fortunatamente Crosetto è un uomo con la testa sulle spalle. E come ho detto in Aula io sono un membro dell’opposizione ma sulla politica estera e di difesa sto con il mio Paese e dunque con il governo».

Lei ha rapporti solidi con cancellerie e leader europei. Potrebbero esserci «manine straniere» che interferiscono con l’Italia?

«Potrebbe, certo. Ma vedo più probabili interferenze interne. La verità è che stanno venendo al pettine i nodi di un sistema sbagliato basato su una collaborazione tra alcuni soggetti istituzionali e alcuni esponenti dell’informazione. Non c’è una trasmissione in cui non mi chiedano del mio conto corrente ma l’atto con cui quel conto è stato preso è stato giudicato illegittimo dalla Corte di Cassazione. Eppure quando vado dalla Gruber, magari con Travaglio, subisco i processi basati su carte illegalmente acquisite e nessuno mi fa parlare delle questioni geopolitiche o di politica estera. Non penso ai servizi stranieri ma piuttosto a certi servizietti indigeni. Dopodiché in queste ore i giustizialisti non vivono il periodo migliore della loro vita: Travaglio si prende l’ennesima condanna civile, Davigo viene condannato penalmente anche in appello, dirsi giustizialista funziona in qualche talk-show ma non nelle aule di tribunale».

Senatore, lei è stato tra i primi a lanciare l'allarme, mentre la segretaria Pd Schlein si è accodata dopo giorni di silenzio. A sinistra c’è imbarazzo dinanzi una questione che ha danneggiato principalmente il centrodestra?

«Sì. Conte non può smentire la linea de Il Fatto Quotidiano e dei talkshow che lo coccolano. E Schlein dovrebbe dare un segnale: visto che ha usato parole molto dure per questo scandalo, perché non caccia dalla segreteria quel Sandro Ruotolo che nella sua veste di parlamentare del Pd cercava di procurarsi delle carte coperte da segreto e riguardanti Palamara? E comunque, sarà un caso, le indagini su di me sono cominciate appena ho lasciato il Pd. Un caso, si capisce. È una cosa che mi fece notare per primo Silvio Berlusconi».

Siamo ai primi giorni di Dossieropoli. Bolla di sapone o prevede sviluppi clamorosi?

«Non è una bolla di sapone, ma gli sviluppi non saranno clamorosi perché troveranno un modo molto “romano” per abbassare i toni. E poi dipenderà da noi. Mi piacerebbe che ci fosse un accordo tra gentiluomini di opinioni politiche diverse per impedire che certe vicende accadano di nuovo. Abbiamo bisogno che i cittadini credano nelle istituzioni.

E le forze dell’ordine non devono stare a violare i database per attaccare alcuni politici: leviamoli da Dossieropoli e riportiamo legalità nelle stazioni, nei parchi, sulle strade. Pensiamo alla sicurezza dei cittadini non ai dossier sui parlamentari».

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