Lo sprint delle toghe sul giudice bugiardo: in aula il 5 settembre

Il "parlamentino" anticipa la data. La Prima commissione tratterà il caso in seduta straordinaria. La decisione finale al plenum

Il plenum del Csm
Il plenum del Csm

Per «colpa» del giudice Antonio Esposito i consiglieri del Csm faranno vacanze più corte quest'estate. Il presidente della prima commissione Annibale Marini, infatti, ha preferito non aspettare la ripresa ufficiale dei lavori del Consiglio Superiore della Magistratura, il 9 settembre, per trattare la pratica relativa al presidente della sezione feriale della Cassazione, Antonio Esposito, che ha anticipato in un'intervista al Mattino le motivazioni della condanna definitiva di Silvio Berlusconi per la vicenda dei diritti Tv Mediaset.
Per Esposito non sarà la prima volta da incolpato davanti al Csm. L'organo di autogoverno della magistratura, visto il clamore sollevato dal caso, ha deciso di accelerare i tempi. E Marini, laico del Pdl e presidente emerito della Consulta, ha convocato una seduta straordinaria il prossimo 5 settembre. Se al termine dell'istruttoria verrà accertata l'incompatibilità funzionale del giudice, la Prima commissione potrebbe proporre al plenum il suo trasferimento d'ufficio. Questo non prima di aver convocato Esposito a Palazzo dei Marescialli per sentire la sua linea difensiva, quella che in questi giorni continua a far rimbalzare sui giornali a suon di comunicati e di mezze dichiarazioni che di fatto «condannano» il giornale dello scoop. Certamente il presidente della feriale ribadirà davanti al Csm che il quotidiano ha «manipolato» le sue parole. A sua insaputa sarebbe stata inserita la frase incriminata, quella in cui spiegava che Berlusconi era stato condannato «perché sapeva» non perché «non poteva non sapere» e che non compariva nella versione inviata via fax per l'approvazione. Dirà questo Esposito, certo, ma poi chi lo ascolterà dovrà tenere in considerazione l'audio dell'intervista, trascritta in modo letterale e resa pubblica dal quotidiano proprio per dimostrare che neppure una virgola era stata aggiunta. E anche la versione del direttore del Mattino, Alessandro Barbano, che ha definito «surreale» la smentita di Esposito avendo lui assistito personalmente alla telefonata in cui l'intervistatore informava l'alto magistrato che avrebbe inserito nel testo anche la parte della conversazione relativa alle motivazioni della condanna del Cavaliere.
Sono stati tre consiglieri laici di area Pdl (Palumbo, Romano e Zanon) a chiedere l'apertura «in via d'urgenza» dell'istruttoria ipotizzando una violazione del segreto della camera di consiglio. Del resto la motivazione non è stata ancora scritta e le esternazioni del presidente potrebbero influenzare il relatore della sentenza, il quale potrebbe non condividere le sue idee.

Il 3 agosto dalle colonne de «Il Giornale» Stefano Lorenzetto rivela un episodio inedito legato al magistrato. Racconta che nel 2009, durante una cena, il giudice Esposito gli ha fatto pesanti apprezzamenti sul suo futuro imputato. Esposito nega dalle colonne del «Fatto»


di Patricia Tagliaferri

Martedì scorso, 6 agosto, la bufera. Il giudice Esposito rilascia un'intervista a «Il Mattino» in cui anticipa, sostanzialmente, le motivazioni della condanna che deve ancora scrivere. Il Cav, spiega, è stato condannato perché sapeva, non perché non poteva non sapere

Dopo l'intervista è bufera. Esposito smentisce, sostiene che l'intervista è stata manipolata, ma «Il Mattino» rende noto l'audio del passaggio cruciale. Al magistrato critiche anche dai colleghi giudici, che bollano come inopportuna l'intervista al quotidiano napoletano

Il ministro di Giustizia Anna Maria Cancellieri chiede notizie sul caso alla Cassazione. E il Csm, su richiesta dei consiglieri laici del Pdl, apre un fascicolo, assegnato alla Prima commissione. Ieri l'accelerata: il caso Esposito sarà discusso il prossimo 5 settembre


Lo scorso 1 agosto il giudice

Antonio Esposito, dopo circa 7 ore di camera di consiglio, emette la sentenza del processo Mediaset: confermata la condanna del Cav a quattro anni, rinviata a un nuovo processo a Milano la definizione degli anni di interdizione

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