Riunire la destra e ricomporre la diaspora degli ex An sotto un simbolo comune. Facile a dirsi, assai meno a farsi. Sono mesi che il braccio di ferro tra ex compagni di partito dispersi in mille rivoli, tra microsigle e partitini, continua. Da una parte la speranza e l'ambizione di alcuni di rilanciare una sigla capace in passato di raggiungere la doppia cifra; dall'altra la volontà di altri di chiudere, forse per sempre, quella pagina di storia. L'appuntamento decisivo è fissato per sabato all'Hotel Ergife di Roma, albergo sull'Aurelia dove il 23 gennaio del '94 avvenne il primo battesimo di Alleanza Nazionale, ancor prima della definitiva svolta di Fiuggi. Qui andrà in scena la riunione dei soci della Fondazione An per decidere come procedere, come utilizzare il simbolo e come gestire il patrimonio.
Le idee non sono coincidenti. C'è chi punta tutto sulla riproposizione del logo storico del partito erede del Movimento Sociale, possibilmente già sulla prossima scheda elettorale delle Europee. Ma anche chi vorrebbe chiudere tutto e indirizzare il patrimonio verso iniziative di commemorazione e ricordo dei parenti delle vittime di destra degli Anni di Piombo.
I soci della fondazione, in teoria sopra i 1200, per partecipare avrebbero dovuto rinnovare la partecipazione (e versare le quote). Non è ancora noto quanti lo abbiano fatto e chi di loro sarà presente all'assemblea. Oggi, invece, una riunione del consiglio di fondazione ha cercato di dipanare la matassa. Già due giorni fa gli ex colonnelli si erano riuniti per cercare una mediazione ma le distanze non erano state colmate.
Chi sta cercando di smussare gli angoli e trovare un accordo è Ignazio La Russa, vero pivot della trattativa. Al momento la soluzione più probabile sembra essere quella della cosiddetta «mozione Alemanno» che invita a scongelare il simbolo e rinviare ad altra data e circostanza la discussione sul patrimonio. Diversa la posizione di Fratelli d'Italia che, soprattutto con Fabio Rampelli, si chiede se sia opportuno aderire a questa sorta di «reunion». Il partito di Giorgia Meloni in ogni caso rivendica un diritto da primo azionista, alla luce della presenza in Parlamento, raggiunta alle scorse elezioni a differenza di altri. Gli ex An ora in Forza Italia, a loro volta, respingono le sirene della nostalgia e non nascondono le loro resistenze e perplessità. Infine c'è Francesco Storace che insieme ad altri esponenti provenienti da Via della Scrofa come Roberto Menia e Adriana Poli Bortone sta da tempo battendosi per «scongelare il simbolo» e portare la destra unita alle prossime elezioni europee di maggio. E proprio la vicinanza con il voto per l'assemblea di Strasburgo potrebbe fare da catalizzatore per un accordo, visto che la soglia del 4% senza il valore aggiunto del simbolo di An appare difficile da raggiungere. Per questo nelle ultime ore si sta cercando una mediazione e una via d'uscita da una strettoia che rischia di risultare penalizzante per (quasi) tutti. L'ipotesi di lavoro più concreta sembra essere quella che porterebbe a una sorta di affiancamento sulla scheda del simbolo di Fratelli d'Italia con quello di Alleanza Nazionale.
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