Tutte le bufale sull'austerity che ostacolano la ripresa

La realtà dimostra che la stretta di bilancio imposta dalla Germania ha solo aggravato la recessione. L'unica soluzione è tagliare le tasse, a partire dall'Imu

Tutte le bufale sull'austerity che ostacolano la ripresa

Povera Italia. Così piena di sensi di colpa, di miopie, di squilibri, di insufficienze. Finito lo sfogo, andiamo con ordine e razionalità, come sempre, a denunciare l'imbroglio di questa crisi e di come è stata affrontata dall'Europa a trazione tedesca. Ora se ne può uscire, ma per uscirne dobbiamo fare chiarezza. E per questo è necessario iniziare a usare le parole e le definizioni in modo corretto.
A Differenza tra austerity e consolidamento fiscale Il vero scontro è tra austerity e consolidamento fiscale (altrimenti detto rigore fiscale), spesso considerati la stessa cosa. Ma la stessa cosa proprio non sono: consolidamento fiscale implica un progressivo conseguimento di stabilità di bilancio (conti in ordine) e una stabilizzazione della dinamica economica, cioè della crescita. Mentre per austerity si intende la riduzione non sostenibile del deficit di bilancio, che, ad esempio in Italia si è accompagnata a un aumento del rapporto debito/Pil.
B La diagnosi della crisi italiana L'Italia sta attraversando un periodo di recessione per effetto di una caduta dei consumi e degli investimenti, che si è sovrapposta a una riduzione progressiva di competitività. Il primo problema è tipicamente di breve periodo. Il secondo è tipicamente strutturale e quindi di medio-lungo periodo. La difficoltà del governo è che, nelle condizioni date, deve affrontarli entrambi con interventi immediati. La questione è che il secondo problema non si affronta dal lato della domanda. L'espansione di bilancio o monetaria non ne è la cura. Ma è anche vero che non lo è una contrazione della domanda quale quella ingenerata dalla politica di austerity.
C La dottrina dell'austerity L'idea che l'austerity produca effetti espansivi in un contesto recessivo non ha fondamento né teorico né empirico. Il fondamento teorico dovrebbe essere trovato nell'assunzione che riduzione di debito e deficit tranquillizzerebbe famiglie e imprese e questo «rasserenamento» dovrebbe indurre famiglie e imprese a spendere di più per consumi e investimenti. In altri termini, una stretta di bilancio dovrebbe avere effetti positivi di breve periodo anche sulla domanda aggregata. Questa tesi non ha fondamento.
D Non ci sono le condizioni perché l'austerity funzioni La ricetta dell'austerità ha funzionato a volte, e parzialmente, solo in presenza della possibilità di essere accompagnata da una forte svalutazione, con margini per una riduzione consistente dei tassi di interesse, per Stati non grandi e in un contesto di espansione della domanda negli altri paesi, cioè con una compensazione tra domanda interna ed estera. Queste condizioni oggi non sono presenti. È evidente che anche la riduzione dei tassi guidata dalla Bce non ha effetti sostanziali perché la compressione di bilancio impedisce la trasmissione della politica monetaria in assenza di coerenza tra politica monetaria e politica di bilancio.
E Le critiche della dottrina internazionale Quanto esposto fino ad ora è l'abc della teoria economica. Non desta stupore che quei sostenitori dell'austerity che avevano adottato come Bibbia un recente paper di Rogoff e Reinhard, due economisti di Harvard si siano trovati in imbarazzo di fronte alla contestazione di questa tesi da parte di ricercatori che hanno scoperto errori banali commessi dai due autori nell'uso dei dati. D'altra parte, la vera contestazione empirica della politica dell'austerity viene dai fatti, cioè da quel che sta succedendo in Europa.
F Le argomentazioni della Germania Vi è anche un altro tipo di argomentazione: si basa sull'idea che la compressione della domanda aggregata possa determinare la riduzione di costi e prezzi facendo recuperare competitività all'economia. Naturalmente, anche questa posizione è inconsistente. Lo sarebbe anche dopo tutte le riforme strutturali dirette a rendere tutti i mercati ultra concorrenziali, ma lo è ancor di più in una situazione in cui i mercati non lo sono affatto.
G La verità sull'austerity In realtà, la politica dell'austerità può portare a riduzione di costi e prezzi solo attraverso un aumento della disoccupazione e con la distruzione di parte del sistema produttivo. La stessa discesa dell'inflazione attuale e attesa non è segno di un aggiustamento virtuoso in corso, ma solo di un avvio di spirale deflattiva. L'implicazione inevitabile di questo scenario è il default finanziario che è, appunto, il contrario del consolidamento fiscale.
H Shock di domanda e shock di offerta La conclusione è che non esiste un prima e un dopo, nel senso che prima si azzera il deficit e poi si pensa a rilanciare l'economia. Non si tratta solo di farsi carico del malessere sociale, ma di dare un segnale ai mercati altrettanto forte dell'annuncio di Mario Draghi, quando dichiarò che ogni azione sarebbe stata adottata, sul piano monetario, per difendere l'euro. Segnale che ha interrotto la speculazione sui titoli dei debiti sovrani. Ma è chiaro che un'azione dirompente va anche adottata dal lato dell'offerta. E qui, di fronte al mutamento della politica di bilancio, si richiede una risposta forte da parte di imprenditori e sindacati. Proporre patti tra le due parti a spese di una terza parte, cioè dello Stato, non funziona. Neppure ci si può perdere dietro altre trattative sulla modifica del mercato del lavoro. È necessario uno shock di produttività, non a spese dello Stato, per rendere fattibile il mutamento di strategia di bilancio e per aiutare l'Europa ad accettare, anche nel suo bene complessivo, il mutamento di rotta.
I Il nuovo governo Il governo nasce dal dato di fatto che non c'è una maggioranza politica alternativa. Ci siamo chiesti spesso se il governo Monti si potesse permettere o meno di contrastare o rifiutare la linea voluta dalla Germania. Sinceramente non si è mai capito quale fosse la verità. Ma l'esecutivo Monti ormai è archiviato. Se nel governo attuale prevale l'opinione che il rilancio della domanda è tanto essenziale quanto porsi il problema del differenziale di competitività, questa convergenza è già una base politica forte per costruire un programma d'azione condiviso e per dare forza alle trattative in Europa.
J Che fare quindi? Poi viene il cosa fare in concreto. Primo, ridurre le tasse. Già, ma quali e in che misura? È importante considerare gli effetti che le varie tasse su cui si può operare possano avere effetti rapidi su singoli settori cruciali per l'occupazione perché più rapidi a reagire e per gli estesi effetti indotti. Naturalmente parliamo delle tasse sugli immobili. La ragione è semplice: gli investimenti in edilizia hanno il più alto coefficiente di attivazione sull'economia. In questo senso, l'eliminazione dell'Imu sulla prima casa dal 2013 e la restituzione di quella versata nel 2012 farà ripartire la domanda, i consumi, e con essi il settore edilizio, il mercato immobiliare e tutto l'indotto. Quanto, invece, alla riduzione delle tasse sul lavoro, indicata come priorità da molti osservatori, tra cui l'Ocse, la Legge di Stabilità per il 2013 ha già previsto un fondo di 1,2 miliardi per la detassazione dei salari di produttività e ha stanziato un miliardo all'anno per la riduzione dell'Irap.
L'economia può crescere solo in un quadro di aspettative positive. È questo il punto su cui Enrico Letta, deve lavorare fin da subito: dal doppio shock sull'Imu, alla più complessiva riforma della tassazione sugli immobili, con particolare riferimento all'alleggerimento di quelli funzionali alle attività agricole e dei capannoni industriali; via libera alla riforma di Equitalia; via libera alla riforma complessiva del sistema fiscale, con il passaggio della tassazione dalle persone alle cose; via libera alla riforma del sistema delle autorizzazioni per l'avvio di nuove attività; via libera alla riforma del welfare pensionistico e del mercato del lavoro, con la correzione delle leggi Fornero; via libera alla riforma della giustizia; via libera alla più complessiva riforma delle istituzioni, dal presidenzialismo al superamento del bicameralismo perfetto, alla riforma della Legge elettorale e del sistema dei contributi pubblici ai partiti.


Tutto entro l'estate, come segno di credibilità della coalizione di governo. Non c'e più tempo. Se sì, in un unico grande pacchetto di provvedimenti di natura economica, da approvarsi in 3 mesi, ce l'avremo fatta. Se no, al voto!

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