Val Susa, le dieci bugie sull'alta velocità

Continua la guerriglia estremista contro la Torino-Lione: bombette e aggressioni, Roma paralizzata. Ma sul progetto in Val Susa il movimento No Tav racconta solo menzogne. Dai costi dell'opera al rischio amianto, dal tracciato modificato alle strategie europee: ecco le dieci bugie sull'alta velocità smontate una per una

Val Susa, le dieci bugie sull'alta velocità

Il vademecum è facilmente consultabi­le in rete, sul sito dell’associazione Pro Na­tura Piemonte e rilanciato dalla miriade di siti in qualche modo collegati al movimen­to No Tav. Si intitola «150 nuove ragioni con­tro la Torino-Lione» ed è il vangelo dell’anti-Tav. Dentro c’è di tutto, dati tecnici e valuta­zioni socio-economiche. Ma non fatevi in­gannare: la propaganda No Tav si nutre di un mix di leggende, interpretazioni parzia­li, vittimismo, ideologia. Abbiamo provato a mettere un po’ di ordine nella questione che sta incendiando l’Italia elencando le dieci principali «bugie» utilizzate da chi si oppone a un’opera che potrebbe contribui­re a far risorgere l’Italia.

"Costerà 30 miliardi". No, soltanto un quinto

I No Tav parlano di un costo complessivo dell’opera di almeno 30 miliardi di euro. In realtà la cifra è molto inferiore. Per la tratta transfrontaliera gestita dalla Lyon Turin Ferroviaire (57 km del maxitunnel più 6 scoperti e i nodi di Susa e Saint Jean de Maurienne) il costo è di 8,5 miliardi di euro, di cui solo 2,7 a carico dell’Italia: il 40 per cento è finanziato dall’Unione europea, essendo l’opera parte integrante della rete transeuropea dei trasporti, e il restante 60 per cento è suddiviso tra Italia (57,9 per cento) e Francia (42,1). A queste cifre si sommano i 143 milioni (35 in quota all’Italia) del tunnel esplorativo di Chiomonte e i 9 miliardi (4 per l’Italia) per altre opere programmate entro il 2030. Insomma, il costo totale dell’opera è di 17,6 miliardi dei quali 6,7 a carico dell’Italia.

Nessun rischio amianto. Lo dice anche il ministro

I No Tav hanno fatto delle preoccupazioni di carattere ambientale un cavallo di battaglia. Ma il ministro per l’Ambiente Corrado Clini ieri ha ta­gliato corto: «Non dobbiamo assolutamen­te cercare delle coperture di tipo protezio­ne della salute o protezione dell’ambiente». Anzi, la Tav dovrebbe portare grandi vantaggi per l’ambiente della Val di Susa, con una prevista sensibile riduzione a 600mila l’anno i camion su strada nel deli­cato ambiente alpino. Quanto al rischio amianto, nella delibera del Cipe che dà il via all’opera ci sono 220 osservazioni da ri­spettare e tra esse 9 sull’amianto. È previsto un efficace controllo sulla dispersione di fi­bre della sostanza tossica: se i valori previsti saranno superati, si interromperanno i la­vori. Quindi dov’è il problema?

Tracciato già modificato con l’ok del territorio

La conferma del fatto che, contrariamente a quanto affermato dal movimento No Tav, l’iter del progetto della Torino-Lione è andato avanti attraverso pratiche di concertazione arriva non solo dal fatto che, come ricorda­to ieri dal premier Mario Monti, l’Osservatorio sulla Tav presieduto da Mario Virano ha fatto ben 182 tra incontri e confronti con re­altà locali, ma anche dal fatto che il traccia­to è stato drasticamente modificato rispet­to alla versione originale per tener conto delle preoccupazioni ambientali delle po­polazioni. Altre correzioni previste: il di­mezzamento delle aree dei cantieri a Rivo­li, Orbassano e Settimo, l’allontanamento della zona dei lavori dagli ospedali e la rea­lizzazione della circonvallazione di Rivalta sopra la galleria artificiale della To-Li.

Valle contraria all’opera? La vuole un sindaco su due

Altra accusa dei No Tav: il progetto sarebbe stato deciso e portato avanti in barba alla vo­lontà popolare dei valli­giani, che sarebbero tut­ti contrari alla Tav. In realtà le cose non stan­no proprio così. Dei 43 comuni in qualche modo interessati dal progetto, 24 si sono espressi a sfavore e 19 a favore. Un dato che va letto con attenzione: tra i 19 comuni Sì Tav ci sono proprio Susa e Chiomonte, i due più direttamente interessati dalle ope­re. E non si pensi che le amministrazioni va­dano in direzione opposta rispetto al senti­re popolare. Enzo Pinard, sindaco di Chio­monte, ha sempre espresso chiaramente il suo parere favorevole ed è stato rieletto nel 2009, con il 57 per cento dei voti. Questo vuol dire che la maggioranza dell’elettora­to è d’accordo con lui. O no?

Altro che abitanti in piazza Arrestati ex Br e anarchici

I No Tav accusano la Digos e la magistratura per gli arresti ordinati lo scorso 26 gennaio dal procuratore capo di Tori­no Giancarlo Caselli. In manette sono finiti 26 esponenti delle fran­ge più violente del movimento, protagoni­sti degli scontri del 27 giugno e del 3 luglio 2011 al cantiere della Tav alla Maddalena di Chiomonte, nel corso dei quali furono feriti circa duecento uomini delle forze dell’ordi­ne e decine di manifestanti. In realtà solo pochi degli arrestati sono valsusini. La gran parte di loro vengono da Torino e da altre città italiane. Alcuni sono professionisti del­lo scontro, tra i quali Paolo Maurizio Ferra­ri, ex brigatista (mai pentito), Stefano Lati­no, figlio di Claudio, arrestato nel 2007 nel­l’ambito dell’inchiesta sulle nuove Br; e An­tonio Ginetti, ex terrorista di Prima Linea.

Niente trasporto merci? Inadatto l’attuale tunnel

Il movimento No Tav si fa forte dei dati sulla di­minuzione del traffico merci sulla tratta Torino­ Lione (dai 10 milioni di tonnellate del 1997 ai 4,8 milioni del 2008) per sostenere la sostanzia­le inutilità della Tav. In realtà questi dati non fanno che confermare la necessità, co­me spiega ancora il ministro per l’Ambien­te Clini: «I dati del traffico merci sull’asse in questione - ha spiegato Clini - sono crollati per due ordini di motivi: per quello che è av­venuto in questi anni in Val Susa, e perché la galleria attuale, del 1857, è conformata in maniera tale da non consentire il trasporto dei Tir, perciò è stata risagomata, e assog­gettata a una procedura di gestione che ha previsto il senso unico alternato: questo ha determinato il crollo del trasporto delle merci con i container».

Pochi minuti risparmiati? Milano-Parigi da 7 a 4 ore

Secondo il movimen­to No Tav non si avrebbe alcun vantaggio in termi­ni­di tempo per la percor­renza in treno da Torino a Lione. I treni passegge­ri comunque continuerebbero a transitare nella linea storica con i tempi di percorren­za attuali. Questa è una verità davvero mol­to parziale. Infatti,se è vero che nell’ambito del progetto Tav la domanda dei passeggeri di lungo raggio è da considerare seconda­ria rispetto a quella del trasporto merci, ci saranno comunque vantaggi non indiffe­renti anche nel trasporto delle persone. Co­me ha ricordato ieri Palazzo Chigi in un comunicato si dimezzano i tempi di percor­renza sui principali itinerari: da Torino a Chambery oggi si impiegano 152 minuti e in futuro ce ne vorranno 73 mentre da Pari­gi a Milano si passerà dalle 7 ore attuali a 4.

Macché opera inutile per l’Ue èstrategica

Lo ha ricordato an­che il premier Mario Monti: il nostro Paese «si sta progressivamente staccando dall’Europa, con una decrescente competitività, con una difficoltà sempre maggiore di trovare spazio nell’economia internazionale, e di creare posti di lavoro per i giovani». La Tav potrebbe contribuire a «riormeggiare» l’Italia all’Europa. Euro­pa che del resto fa della Torino-Lione uno dei suoi cavalli di battaglia, arrivando come visto a finanziare il 40 per cento di un’opera ritenuta strategica per la mobilità su ferro nel continente. Il movimento No Tav ha ca­valcato le esitazioni manifestate più volte da Bruxelles al cofinanziamento della To-Li, che sembrano del resto del tutto supera­te grazie al nuovo accordo tra Italia e Fran­cia dello scorso 30 gennaio.

Valle militarizzata? Sì, per colpa dei teppisti

I No Tav gridano alla militarizzazione della Val di Susa per soffocare le manifestazioni del mo­vimento. Ma in realtà sembra piuttosto vero il contrario: ovvero, il ricorso alle forze del­l’ordine si è reso necessario proprio a causa del fatto che la legittima protesta contro un’opera pubblica è stata a un certo punto «sequestrata» da frange violente estranee al territorio interessato dai cantieri. La data di inizio di questa deriva violenta è l’8 dicembre 2005: quel giorno nel corso di una manifestazione alcuni No Tav danneggia­rono macchinari e attrezzature nel cantie­re di Venaus e ferirono 17 uomini delle for­ze dell’ordine, fatti oggetto di lanci di pie­tre. E il clima di intimidazione è andato avanti fino al corteo romano di ieri, con con­tinue minacce ai danni dei giornalisti.

Gli attivisti: ci snobbano Però non si parla d’altro

I No Tav fanno le vitti­me e sostengono che la stampa sia coalizzata contro di loro. Gridano al bavaglio e proprio per questo ieri hanno fatto un blitz ricattatorio alla redazione di Repub­blica, quotidiano che, come tanti altri se­condo il movimento non darebbe adegua­to spazio alle loro argomentazioni.

In realtà è sufficiente sfogliare un qualsiasi quotidia­n­o in questi giorni per trovare numerose pa­gine dedicate alle proteste dei No Tav, che spiegano nel dettaglio sia le posizioni del governo e di chi vuole il progetto sia le posi­zioni di chi si oppone. Nessuna protesta «Nimby» (acronimo di Not In May Back-Yard , in inglese «non nel mio cortile») ha mai avuto in Italia tanta risonanza, anche a causa del carattere di violenza assunta più volte dalle manifestazioni.

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