Vendola assolto in tempo per le primarie

Il governatore pugliese era imputato a Bari di aver "segnalato" un primario. Lui si commuove: "Ora vado avanti"

nostro inviato a Bari

Dal primario alle primarie. Il giorno più lungo, per il governatore pugliese, si trasforma in un capitolo di Vendologia, il paventato addio alla politica di Nichi lascia spazio al rilancio delle ambizioni di leadership, i toni dimessi e increduli dei giorni passati virano in bellicose dichiarazioni «contro» Renzi, Casini, persino Bersani. Tutti Golia che lui, Davide, vuole stendere in rimonta. Assolto e risorto, dunque. La giornata si apre col suo arrivo alla Procura di Bari, dove l'attende la sentenza per l'accusa di abuso d'ufficio, per aver caldeggiato la nomina di un medico. Lo accompagna l'avvocato, Vincenzo Muscatiello, e – a sorpresa – anche il suo compagno, il canadese Ed Testa, di solito restio ad apparire in pubblico. Lady Asl, Lea Cosentino, che Vendola aveva definito sua «grande accusatrice» perché col dente avvelenato verso di lui, l'ha preceduto di qualche minuto.

Giusto una manciata di più ne servono perché il giudice barese Susanna De Felice lasci la camera di consiglio per alleggerire Vendola del fardello, per sentenziare che «il fatto non sussiste» e sgonfiare il caso della nomina di Paolo Sardelli a primario dell'ospedale San Paolo di Bari che, stando ai pm che volevano condannarlo a 20 mesi, Nichi avrebbe voluto in quel posto così tanto da forzare la mano, riaprendo i termini del concorso e arrivando a dire alla Cosentino «ti copro io», come rivelato ai magistrati dalla stessa lady Asl pugliese. Lui ha sempre negato la sponsorizzazione, ammettendo solo di aver raccomandato che vincesse «il migliore», cioè Sardelli, smentendo qualsiasi rapporto non istituzionale con il medico. Sardelli però, interrogato dai legali di Vendola per le indagini difensive, ha raccontato che tre mesi prima del concorso riaperto e vinto, il fratello del governatore lo chiamò «per visitare il padre del presidente che aveva una grave crisi respiratoria (...) è stata l'unica volta che ho visto il presidente al di fuori del suo ruolo istituzionale».

Ma il teorema della Procura si sbriciola contro il gup, che manda assolta anche l'accusatrice, e riduce lo scacco al reuccio poeta di Puglia a una bolla di sapone, sufficiente appena a inumidire di lacrime gli occhi di Nichi. Sobria commozione, parole dispensate ai giornalisti con il contagocce. «Sono felice – concede - ma non dico altro, ci vediamo a mezzogiorno», ovvero l'ora della conferenza stampa. Che diventa il primo comizio del nuovo corso, tanto che Nichi esordisce snocciolando i dati sul raggiungimento degli obiettivi di spesa comunitaria da parte della Regione: la «sentenza più rilevante» del giorno, per lui, è quella lì. Insomma, il Vendola-fenice resta sempre poetico ma non disdegna un po' di propaganda «vecchio stile», e ora che ha gli occhi asciutti mena fendenti un po' a tutti. «Non sono un Fiorito qualunque», dice, attaccando gli scandali di altre regioni (ma cita solo «Lazio e Lombardia»), stigmatizzando il campionario parapolitico di «ogni sorta di volgarità», le feste con i maiali, l'«offuscamento della democrazia».

E arrivando a difendere la sua «reazione» agli scandali sanitari, l'azzeramento della giunta, come se la malasanità pugliese fosse il guaio di un'altra amministrazione, come se quelle fossero responsabilità politiche di un altro Vendola, forse quello ancora indagato per abuso d'ufficio, falso e peculato per una transazione milionaria tra la Regione e un'ospedale ecclesiastico. Il taglio col passato è netto. E tra la gioia di oggi e le «notti insonni», concede persino ai suoi accusatori in toga l'onore delle armi: «Penso che ci si debba difendere nel processo, e non dal processo».

Bel cambio di rotta per Vendola, che a uno dei pm, Desirée Digeronimo, aveva scritto nel 2009 una letterina a mezzo stampa che in uno dei passaggi recitava così: «Lei è così presa dalla sua inchiesta che forse non si è accorta di come essa clamorosamente precipita fuori dal recinto della giurisdizione: sono diventato io, la mia immagine, la mia storia, la posta in gioco di questa ignobile partita».

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