Iran, verso lo stop alle lapidazioni

Nel Paese si è aperto il dibattito e il Parlamento potrebbe abolirle. Nuovi appelli dall'Italia per salvare Sakineh

Abolire l'odiosa pratica della lapidazione non è più un miraggio in Iran. Salvo colpi di coda degli ambienti religiosi più tradizionalisti, il parlamento di Teheran darà a breve il via libera al nuovo codice penale islamico, che non contempla più la lapidazione come supplizio da infliggere agli adulteri. Abolendo di fatto la pena.
«C'è una maggioranza favorevole in Parlamento e siamo a buon punto per l'approvazione definitiva della legge», ha spiegato l'ambasciatore iraniano a Roma Seyed Mohammad Ali Hossaini, mentre continua la mobilitazione internazionale per salvare la vita di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, la donna iraniana sotto processo per per adulterio e concorso in omicidio del marito.
La riforma del codice penale ha già ottenuto il disco verde della Commissione giustizia del Parlamento iraniano e attende ora di essere votata in plenaria. Per entrare in vigore dovrà passare poi al vaglio del Consiglio dei Guardiani, la Corte costituzionale iraniana, cui comunque è già stata inviata per un parere preventivo.
«In Iran c'è un aggiornamento continuo delle leggi penali e questo nuovo codice che stiamo varando - ha sostenuto l'ambasciatore di Teheran - è il più progredito e avanzato di tutta la regione». L'abolizione della lapidazione sarebbe un gesto importante «che darebbe al popolo iraniano un senso forte di modernizzazione del Paese e della società», ha commentato in serata il titolare della Farnesina Franco Frattini, auspicando che l'annuncio dell'ambasciatore «si traduca presto in realtà». Nessuna relazione però, secondo il diplomatico iraniano, con il caso Sakineh. In primo luogo perchè la Repubblica islamica «non si lascia influenzare» dalle «pressioni mediatiche e politiche» di alcuni Paesi occidentali che hanno «strumentalizzato a fini politici» la vicenda mentre sono rimasti in silenzio davanti all'esecuzione negli Stati Uniti di Teresa Lewis, la donna americana condannata per lo stesso reato di Sakineh.
E poi perchè, ha ricordato Ali Hossaini, già nel 2002 l'allora capo del potere giudiziario, l'ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, emise un'ordinanza in cui invitava i magistrati a sospendere le esecuzioni per lapidazione dei colpevoli di adulterio. Non si trattava tuttavia di una disposizione vincolante, e da allora le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato almeno una decina di casi di persone lapidate, di cui tre ammessi dalla stessa autorità giudiziaria. L'iter giudiziario della «signora Ashtiani», ha riferito comunque il diplomatico smentendo che la donna sia già stata condannata, prosegue e nulla è già stato scritto.
Stamattina Frattini è tornato a chiedere che si «fermi la mano del boia» e ad invocare «un gesto di clemenza» da parte delle autorità iraniane. Dopo che si è evitato «l'orrore della lapidazione» per Sakineh, ora, ha auspicato il titolare della Farnesina, serve un passo in più per bloccare «la tragedia dell'esecuzione». Qualcosa comunque sembra muoversi nella Repubblica islamica.
E oggi il capo di gabinetto della presidenza iraniana, Esfandiar Rahim-Mashai, considerato da molti il più ascoltato consigliere del presidente Mahmud Ahmadinejad, ha denunciato quelle che ha definito «le pratiche discriminatorie» nei confronti delle donne in Iran, sollecitando il Parlamento ad adottare leggi che cambino questa situazione.

Anche questa presa di posizione di Mashai, come diverse altre nell'ultimo anno, sembra destinata a provocare le reazioni degli ambienti religiosi più tradizionalisti, timorosi che dietro alle esternazioni del capo di gabinetto vi sia una strategia dello stesso Ahmadinejad per cercare di liberarsi dal controllo delle gerarchie sciite.

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