Isabelle de Charrière, l’Europa vista da un salotto

Fosse vissuta ai nostri giorni, Isabelle de Charrière - altrimenti nota come Belle - avrebbe potuto essere apparentata a Simone de Beauvoir, a Virginia Woolf, a Marguerite Yourcenar, pur condividendo con queste tre impervie icone letterarie della femminilità estrema soltanto parziali e distinte stimmate esistenziali e creative. Vissuta tra 1740 e 1805, benché di ascendenza olandese d’alta aristocrazia (i van Zuylen di Utrecht) condusse un’appartata esistenza al fianco d’un irrilevante signor Charrière in un borghesissimo (e noioso) angolo della Svizzera francese, a Colombier, nei pressi di Neuchâtel. Dopo le fervide prove d’un «pulzellaggio» brillantissimo (ebbe corteggiatori celebri e d’ogni Paese) fu introdotta nella migliore società cosmopolita della sua epoca. Saggiamente, però, Belle ripose le sue speranze come le sue più intime aspirazioni sotto la provvida tutela dell’affascinante quanto prodigo barone Constant d’Hermenches e, a parte qualche discreto scambio d’amorosi sensi, con costui consoliderà, in quindici anni, un rapporto epistolare arguto, originalissimo e di almeno alcuni secoli in anticipo sui tempi. Tutto ciò sperimentato di giorno in giorno con una consapevolezza, una lucidità assolutamente rare. Tanto che d’Hermenches non può impedirsi di confessare: «Non conosco nessuno che scriva come voi... ». E Sainte-Beuve nelle lettere di Belle trova «ironia, grazia, sostanza».
Lei, Isabelle, prende come amante e confidente il poco più che adolescente e libertino Benjamin Constant (nipote di Constant d’Hermenches) e spesso «taglia i panni addosso» a pitocchi e tangheri dell’asfittico enclave svizzero di Losanna, Neuchâtel e immediati dintorni. Certo, tutto attorno, sopra e sotto, nella contigua Francia e nell’inquieta Europa divampano, deflagrano eventi capitali - la Grande Rivoluzione, Napoleone -, ma Belle si tiene al suo «piccolo mondo antico» pur dando a vedere d’essere al corrente di tutto e d’ogni evento cogliendo segni e significati più riposti. Quando, a 65 anni, prenderà coscienza d’aver fatto il suo tempo confesserà all’assiduo amico Benjamin Constant: «Io sostengo di essere morente, i miei amici non sono d’accordo, perché non ho niente che uccida; ma l’estinzione della vita è la morte, mi sembra».
Di Isabelle de Charrière, Sellerio pubblica ora, con il titolo Lettere da Losanna (pagg.

240, euro 10), un volume che comprende tre romanzi epistolari (Lettere da Losanna, Lettere di Mistriss Henley, Lettere di Neuchâtel) preceduti da «Note» di Daria Galateria, Daniela De Agostini, Mariagrazia Paturzo, mentre le smaglianti traduzioni, sempre nell’ordine, sono di Luisa Obinu, Roberta Magi, Mariagrazia Paturzo.

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