Rodolfo Parietti
da Milano
Mai così salata negli ultimi 20 anni. Se le quotazioni del greggio resteranno sugli attuali livelli fino alla fine di dicembre, la bolletta petrolifera italiana rischia di sfondare nel 2005 il muro dei 21 miliardi di euro, quattro miliardi in più rispetto allanno scorso. Ovvero, quasi 8mila miliardi delle vecchie lire.
Né la contrazione dei consumi, valutata in un 3%, né la rivalutazione delleuro, dicono gli esperti del settore responsabili della stima, riusciranno infatti a controbilanciare il maggior costo per le importazioni di oro nero. Tenuto conto degli attuali prezzi, lItalia finirà per pagare in media circa 50 dollari per ogni barile acquistato, contro i 36,5 dollari del 2004. Ciò spiega, viste le inevitabili ricadute provocate dallascesa delle quotazioni petrolifere, la raffica di rincari già scattata sui carburanti, ormai oltre quota 1,3 euro il litro sulla rete autostradale e sulle tangenziali, e la stangata che dal primo ottobre dovrebbe colpire le famiglie sotto forma di aumenti tariffari della luce (più 5%) e del gas (più 3,5%). In base agli ultimi calcoli, tra lautunno e la primavera ogni singolo nucleo familiare potrebbe essere costretto a sborsare 110 euro in più rispetto allanalogo periodo dello scorso anno. Cifra che andrebbe a sommarsi ai quasi 1.000 euro in più che gli italiani - secondo le associazioni dei consumatori - avrebbero già versato nellultimo anno sempre a causa dei rincari che hanno interessato soprattutto elettricità (più 9,6%) e servizi bancari (più 9%).
La progressione del greggio sui mercati, arrivato a toccare la cifra record di 67,5 dollari (i prezzi sono scesi però ieri temporaneamente sotto quota 63), non poteva daltra parte non avere conseguenze. Di recente il presidente dellUnione petrolifera, Pasquale De Vita, aveva già annunciato che la bolletta petrolifera dellAzienda Italia sarebbe stata questanno superiore ai 20 miliardi rispetto ai 16,8 miliardi del 2004. Ora la situazione sembra essere ulteriormente peggiorata. E, a parte londata attesa di aumenti, già si segnalano maggiori tensioni sul fronte dellinflazione, salita al 2,1% in luglio. Il problema accomuna lintera Eurolandia (e anche gli Stati Uniti) e finisce per azzerare gli esigui margini per un taglio dei tassi. Gli analisti, infatti, non hanno dubbi: se proprio la Bce di Jean-Claude Trichet dovesse muovere le leve del costo del denaro, bloccate al 2% da oltre un biennio, sarà solo per alzarle in modo da contrastare linflazione e per non allargare ulteriormente lo spread nei confronti dei Fed Funds Usa.
Ipotizzare un deciso raffreddamento dei prezzi del greggio appare oggi alquanto improbabile. Gli esperti di Goldman Sachs stimano per esempio che il petrolio resterà attorno ai 60 dollari per anni.
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