«Jerry Lewis intimò: “Sdraiati subito”. Rifiutai e addio film»

RomaPer i devoti della commedia erotica italiana, uniti attorno alla rivista Nocturno, La moglie in vacanza... l'amante in città di Sergio Martino è un classico: Barbara Bouchet (la moglie) contende a Edvige Fenech (l’amante) Renzo Montagnani! Era il 1980, crepuscolo del genere spinto. Allora essere belle era necessario, ma non sufficiente. E il curriculum della Bouchet era già eloquente: se gli italiani la ricordavano per Milano calibro 9 di Fernando Di Leo o per L'anatra all’arancia di Luciano Salce, il suo nome era già prima nelle storia del cinema per Prima vittoria di Otto Preminger, con Kirk Douglas e John Wayne; I due seduttori di Ralph Levy, con Marlon Brando e David Niven; Sweet Charity di Bob Fosse, con Shirley MacLaine e Sammy Davis jr; James Bond 007 - Casino Royale di Val Guest, ancora con Niven/Bond e Woody Allen/Blofeld (il cattivo); La signora e i suoi mariti di J. Lee Thompson, ancora la con la MacLaine e Robert Mitchum. Abbiamo rivisto la Bouchet in Gangs of New York di Martin Scorsese, con Leonardo Di Caprio e Cameron Diaz. Ora torna a girare negli Stati Uniti nella Stanza della farfalla, mentre su Raiuno sta per apparire in Crimini 2. E la mostra di suoi quadri - Barbara dipinge, specie da quando ha rinunciato all’aerobica - ha appena chiuso a Roma, ma aprirà a Palermo.
Signora Bouchet, chi ci ha provato con lei fra i suoi colleghi più famosi?
«Vediamo... Kirk Douglas! Sua moglie mi aveva avvertito, dicendo: “Se lo respingi, si calma”».
In «Prima vittoria» c’era anche John Wayne.
«Mi mandarono all'aeroporto a prenderlo, con la consegna di non farlo fermare a ogni bar».
Le spiaceva che le preferisse il whisky?
«Pazienza. Comunque mi sono fermata due volte. Lui beveva, io guidavo».
Uno più concreto?
«Robert Mitchum. In una scena di bacio mi sono trovata la sua mentina in bocca».
E fuori dal set?
«Jerry Lewis mi disse solo: sdraiati».
Era stanca?
«No. E lui meno ancora».
Si sdraiò?
«No. E la parte sfumò».
Allora come ebbe le sue parti?
«Sapevo ballare, parlavo tedesco».
A Hollywood erano emigrati tanti registi, tedeschi anche loro.
«Sono di padre ceco e di madre tedesca, con fratelli e sorelle, e sono nata a Liberec, Cecoslovacchia».
Che presto lasciò...
«... Davanti ai carri armati russi».
Ripiegando...
«... Nella Bassa Baviera. E mi trovai davanti i carri armati americani».
Perché emigrò presso gli invasori?
«Amici dei miei genitori, stabilitisi in California, lavoravano nelle piantagioni di cotone».
Come gli schiavi! Del resto i tedeschi avevano perso la guerra.
«Nel 1956 la mia famiglia ebbe il viaggio pagato e ci trasferimmo».
Lei lavorava?
«Ero troppo piccola. Mio padre rischiò di morire per un'insolazione, ma si salvò. Nel 1958 andavo a scuola a San Francisco, in un quartiere messicano. Le compagne mi buttavano gomma nei capelli perché ero bionda».
Il balzo nel mondo dello spettacolo come avvenne?
«Il mio ragazzo mandò a un concorso le foto che mi aveva fatto mio padre. Intanto frequentavo un corso gratuito di danza e vincevo un concorso di bellezza».
Morale?
«Ho avuto un contratto per sette anni. Ne avevo diciassette e di colpo guadagnavo 1.700 dollari a settimana».
Un noto regista col quale avrebbe potuto lavorare?
«Michelangelo Antonioni. Preparava Blow Up. L’incontrai a Londra. Pioveva. Mi disse solo: “Non mi va di parlare”».
Voleva un massaggio?
«Forse. Non lo ebbe».
E lei non ebbe Blow Up. David Hemmings.
«... Che era stato così bello, fu poi mio marito in Gangs of New York. Era ormai grasso e alcolizzato».
Per un’attrice arrivare ai 40 è duro.
«Perciò io ho smesso di recitare a 39».
Aveva un esempio da non seguire?
«Sylva Koscina. Amori sbagliati l’avevano costretta a esibirsi nuda in teatro per campare».
E aveva un esempio da seguire?
«Jane Fonda e i suoi corsi di aerobica. Ho aperto scuole.

La ginnastica che avevo fatto da ragazza mi tornò utile».
Ha amiche fra le attrici?
«Gloria Guida e Corinne Cléry».
Un bel ricordo recente?
«Quentin Tarantino che alla Mostra di Venezia ricordava come si eccitasse coi miei film».

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