Kabul alla Nato: basta missioni aeree sul Paese

da Herat
Il governo afghano chiede di rinegoziare la presenza delle truppe straniere sul territorio. Nel mirino del presidente Hamid Karzai ci sono gli interventi aerei. Venerdì, un’operazione americana, assieme ai commando afghani, ha ucciso circa 90 civili. Nonostante l’incertezza sul numero reale delle vittime, l’esecutivo di Kabul ha emesso ieri una nota che chiede «ai ministri della Difesa e degli Esteri di aprire negoziati con le forze internazionali». In Afghanistan ci sono 70mila uomini, fra soldati della missione Isaf a guida Nato e truppe americane che fanno parte della lotta globale al terrorismo, Enduring freedom.
Il Consiglio dei ministri afghano ha stabilito che la discussione con gli alleati occidentali deve svilupparsi attorno a tre punti. Il primo mira «a rinegoziare i termini della presenza della comunità internazionale sulla base di un accordo reciproco». Questo argomento potrebbe riguardare la dislocazione delle basi dei contingenti stranieri, ma anche i rapporti con le Ong e l’utilizzo dei fondi per lo sviluppo, la ricostruzione e gli aiuti umanitari gestiti dalla comunità internazionale. Il secondo punto è «stabilire i limiti e le responsabilità delle forze internazionali conformemente alle leggi afghane e internazionali». È un modo per avvicinarsi al nocciolo della questione, che riguarda l’impennata di perdite civili nelle operazioni contro i talebani, soprattutto per mano americana. Il terzo punto di rinegoziazione è la linea del Piave di Karzai. «Porre fine alle incursioni contro obiettivi civili, alle perquisizioni e alla detenzione illegale di cittadini afghani», si legge nel comunicato.
Il problema è che le regole d’ingaggio attuali prevedono di chiamare l’appoggio aereo e bombardare, anche un’abitazione civile, se dalla casa sparano sulle truppe internazionali. Ogni reparto impegnato in operazioni a terra ha specialisti che chiamano via radio le cosiddette Cas (Close air support), l’appoggio aereo ravvicinato. I caccia della Nato sono in volo 24 ore al giorno e intervengono nel giro di mezz’ora. Il comandante sul terreno fa una stima dei rischi di possibili «danni collaterali», ovvero perdite civili. Poi decide se bombardare o no. Nessuna operazione militare in Afghanistan sarebbe possibile senza appoggio aereo. La strage di qualche giorno fa nasce da un’azione mirata a eliminare il mullah Sadeq, comandante talebano. Il portavoce del Pentagono, Bryan Whitman, ha detto ieri che si tratta di un bombardamento «legittimo». Nella stessa zona, si è conclusa da poco l’operazione Amar Thander. Karzai protesta per perquisizioni e detenzioni illegali.

Però i corpi speciali dei marine durante l’operazione avevano l’ordine di catturare o uccidere i capi talebani su una speciale lista nera. Altrimenti i prigionieri sono consegnati all’Nds, i servizi segreti afghani.
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