Kettmeir, un Extra Brut di alta quota

L'Alto Adige è una storica terra di produzione di spumanti: i turisti che scendevano dall'Austria, capitale dell'impero che comprendeva anche l'attuale provincia di Bolzano, all'epoca della prinzess Sissi facevano il pieno di bollicine ed entusiasmo cone l'Überetscher Gold, il vino elaborato da uve Riesling, ad Appiano, per un breve periodo: dal 1896 al 1902. Poi questa tradizione si perse fino al 1964, quando una delle storiche aziende del territorio, Kettmeir, sul lago di Caldaro, decise di spumantizzare con il metodo charmat lungo una cuvée a base Pinot Bianco. Fu un trionfo. Poi negli anni Novanta la stessa azienda si cimentò con il metodo classico, la tesi di laurea dello spumantista, e fu centodieci e lode.

Oggi il dottorato arriva con il 1919, un Extra Brut Riserva con cui l'azienda del gruppo Santa Margherita celebra il suo anno di nascita (e siamo ormai alla soglia del secolo). La cuvée è frutto della vendemmia 2011 da uve Chardonnay (60 per cento) e Pinot Nero (40) quasi di montagna, visto che la quota delle viti è tra i 450 e i 700 metri. Parte dello Chardonnay fermenta e affina in barrique, mentre il restante Chardonnay e il Pinot Nero fermentano separatamente in acciaio a temperatura controllata. Segue un affinamento sui lieviti di almeno 60 mesi e un riposo in bottiglia di altri tre. Il risultato è un vino dal colore giallo quasi dorato, dal perlage minutissimo, dallo spettro aromatico vastissimo, che muove i primi passi nelle regioni agrumate, si sposta in quelle esotiche e prende fiato in quelle speziate.

La bocca è nerboruta, elettrica, sapida e quasi maschia anche se non priva di sensualità. Gli abbinamenti possono essere scolastici (antipasti, pesci anche salsati, carne bianche) ma anche più arditi. Una piccante zuppa tailandese, per dire.

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