L’album postumo di Francesco

Già, si fa presto a dire «picconatore». Francesco Cossiga ha frantumato certi equilibri da prima Repubblica, ma soprattutto ha demolito il linguaggio politically correct. Quanti potenti o presunti tali ha «sistemato» a modo suo il presidente emerito, con quell’accento inconfondibile. Giudizi mai scontati, graffianti, corrosivi, a volte perfino brutali nella loro schiettezza. Cossiga, sbarcato in Parlamento nel 1958, nel Giurassico dell’era mediatica, invitato ai talk show degli anni Duemila bucava il video. Merito delle sue battute folgoranti, dei suoi tempi «comici». Così, prima e dopo la chiave di volta del mandato presidenziale, ha regalato agli italiani perle di rara efficacia. Ecco allora una raccolta, naturalmente minima, della sue frasi più celebri. Alcune sono diventate degli autentici «cult», ormai oggetto di catalogazione da parte dei collezionisti delle citazioni, di cui il Web è pieno. Insomma, benvenuti nel meraviglioso mondo del Cappellaio «Matto» Cossiga - come s’è definito egli stesso, in un’altra famosissima picconata, questa volta autobiografica. E il Palazzo, per una volta, si popola di macchiette attraverso l’ironia del suo sguardo, sempre sollevato sopra gli occhiali.

Ecco a voi Occhetto «zombie coi baffi», «Cicciobello» Rutelli, il fotomodello Folena, Prodi con quel sorriso stampato sulla bocca perché intanto «prende per il c...» i compagni di Rifondazione, il partigiano Fini, mentre Baffino D’Alema s’è guadagnato imperitura fama grazie al geniale «è il miglior fico del bigoncio del centrosinistra». Buon divertimento. E grazie, presidente.

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