L’architetto prigioniero dei soliti temporeggiatori

In Liguria troppi progetti si sono fermati allo stadio del dibattito. E ora l’«Affresco» corre lo stesso rischio

L’architetto prigioniero dei soliti temporeggiatori

(...) l’occasione - l’alibi? - per esercitare, magari all’infinito, la migliore qualità dei più grandi temporeggiatori del mondo: i genovesi. Ha cominciato lui, l’architetto: «Vi regalo una bozza, su cui aprire un dibattito». Appunto. Un dibattito. Eppure un uomo di mondo come Piano, esperto di progetti realizzati in un amen - «l’isola di Kansai, in Giappone, l’abbiamo costruita in cinque anni», sbotta con ragione - saprà bene che, da noi, si fa diverso. Mica possiamo accettare che l’architetto più geniale e più famoso del mondo, riconosciuto esperto di comunicazione e di marketing, non abbia fatto caso a quello che è successo a proposito di Terzo valico, riconversione dell’acciaio a Cornigliano, nodo di Genova, gronda (alta, bassa, medioalta o mediobassa, di levante e di ponente), distripark, Erzelli, Technology Village, tunnel subacqueo, inceneritore, persino canile municipale... Dibattiti, tanti dibattiti. Diciamo troppi? Diciamo: inconcludenti, velleitari, assurdi, proprio perché si sono esauriti in se stessi. In 17-giorni-17 a Hong Kong o Singapore si tira su un piano di grattacielo; 30 piani fanno 510 giorni, neanche uno di più, nonostante i tifoni che da noi non vengono; 60 piani, 1020 giorni. Tolleranza zero. A Genova, in Liguria, intanto, continua il dibattito, che inevitabilmente scade in polemica. Sulle bozze, non sui fatti. Ora Piano si incavola: «Se fate così, non gioco più. Ritiro il disegno». Ma quale disegno? Non era, a detta dello stesso ideatore, una bozza su cui aprire il dibattito? In cui coinvolgere «le amministrazioni locali e nazionali, gli operatori economici, la società civile, i cittadini», e, perché no, i comitati spontanei, le casalinghe, i disoccupati, gli extracomunitari, i circoli del dopolavoro e gli ultras del calcio? Mi sa che, all’architetto, il meccanismo si è ritorto contro. E se avesse detto semplicemente: «Questo è quanto. È il frutto del sapere e della conoscenza del territorio. Se non vi piace ditelo entro trenta giorni, se invece vi sembra coerente con le esigenze della città e della regione, ditemi, entro trenta giorni, quando cominciate a lavorarci», e se avesse detto così, non sarebbe andata meglio? Dopotutto, è quello che si fa a Hong Kong o Singapore, a Rotterdam o a Barcellona, ma anche a Nhava Sheva o a Jeddah (chiedetelo ai Messina, che ci mandano le navi avanti e indietro in continuazione e sanno dove mettere i container).

Altro che dibattiti sul water front! Qui, invece, c’è un neoassessore regionale che ci racconta, in tivu, che i riempimenti di Calata Bettolo, deliberati da anni e previsti dal Piano regolatore portuale, «si dovrebbero fare col materiale di risulta dei cantieri del nodo di Genova e del Terzo valico». Peccato che i cantieri... A proposito, i cantieri dove sono? Troppo facile: «Si sono fermati al dibattito».

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