L’arte violentata per esaltare l’ex fascista Fini

Palazzo Massimo alle Colonne, capolavoro del '500, deturpato con lo spray per inneggiare al leader del Fli. I centri sociali lo hanno eletto a simbolo della lotta, prima lo insultavano per la legge sugli immigrati

L’arte violentata per esaltare l’ex fascista Fini

Ritorno da Praga nella giornata della fiducia, e trovo Roma sotto assedio. Chiuse alcune strade, entro in corso Vittorio superando un blocco di polizia. Arrivo davanti a casa e vedo, intorno, segni di devastazione, vetrine rotte, macchie di vernice rossa e nera sulle porte di istituti di credito e sugli sportelli bancomat. Soltanto all’ultimo momento mi accorgo che sul palazzo dove abito, Palazzo Massimo alle Colonne, c’è una scritta con lo spray nero, alta due metri, ripugnante, dentro la trama spugnosa dei bei blocchi di travertino: «LA FINI È SOLO L’INIZIO».

Al telefono mi dicono che in altre strade ci sono macchine bruciate, negozi devastati in via Del Corso, sampietrini divelti in piazza del Popolo, che sono in azione i black bloc. Riscendo in strada, e vedo fumo venire da piazza Argentina. A fianco della facciata imbrattata vedo quella dell’altro Palazzo Massimo, di Pirro, e leggo un’altra scritta: «CARA GELMINI USA LA TESTA MO BECCATE STA PROTESTA!».

Bisogna allora che dica che Palazzo Massimo alle Colonne e il contiguo Palazzo Massimo di Pirro sono notevolissime architetture del ’500, la prima concepita dall’architetto Baldassarre Peruzzi, il cui classicismo perfeziona quello raffaellesco, è certamente la più importante architettura civile del Rinascimento con l’alto valore simbolico di essere stata eretta subito dopo il Sacco di Roma del 1527, negli stessi anni del «Giudizio Universale» di Michelangelo nella Cappella Sistina. Questa è la dimensione della sua importanza storica. La scritta contigua, l’avviso alla Gelmini, fa intendere che lo sfregio si deve alla mano di studenti, se non dei centri sociali, di scuole superiori o di università che dovrebbero far comprendere il valore dei monumenti. Certamente l’ispirazione politica è di sinistra. Ma si avverte che quest’espressione di rivolta riconosce il suo stimolo in un ex fascista come Fini. È una congiunzione eloquente: Fini e i centri sociali, Fini e gli studenti di sinistra. Da una parte la Gelmini è avvisata, dall’altra Fini è esaltato. Un tempo il nome Fini era accostato a quello di Bossi, e alla tanto discussa legge Bossi-Fini. Oggi è l’inizio della lotta. In suo nome s’imbratta un monumento straordinario.

Indifferenti al suo valore e alla sua storia. In quella casa molti, di destra, hanno tenuto Fini come riferimento politico.
Oggi Fini è il riferimento dei centri sociali e Palazzo Massimo è sfregiato nel suo nome e dal suo nome. Un tempo si attribuiva ai nazisti il disprezzo per la cultura. Soprattutto quella libera; e si ricorda che Goebbels metteva mano alla pistola sentendo nominare la parola cultura. I nazisti potevano bruciare i libri e distruggere l’arte degenerata. Oggi gli studenti finiani esaltati dall’odio per Berlusconi condiviso con Fini, aggrediscono e sporcano, in modo irreparabile, un grande monumento dell’arte classica, non degenerata. È una degenerazione della democrazia, della civiltà con il paradosso di manifestarsi nella lode e nell’ammirazione per un ex fascista, uomo d’ordine. Non voglio credere che gli studenti non sappiano riconoscere un muro storico, e che per protestare siano pronti a sfregiare Michelangelo e Raffaello come hanno dimostrato di fare con il Peruzzi, loro pari.

Eppure con dolore e con sgomento oggi ho visto questa prova evidente di ignoranza e di fanatismo che non ha giustificazioni. Se sanno cos’hanno fatto sono criminali pericolosi, se non lo sanno e scambiano un monumento per un muro insignificante si dimostra che per loro è stata inutile la scuola e utile il cattivo esempio di Fini. Quella scritta: «LA FINI È SOLO L’INIZIO» è molto più grave degli atti di vandalismo nella Fontana di piazza Navona o dell’esaltante e stigmatizzato con rabbia da Veltroni e da Rutelli, arrossamento della Fontana di Trevi, l’atto innocuo, gratuito e anche bello del neofuturista Graziano Cecchini. La facciata di Palazzo Massimo fu meticolosamente restaurata tra il 2001 e il 2002, restituendone l’armonia e l’integrità.

Oggi Veltroni e Rutelli non denunceranno la barbarie del gesto come fecero il giorno della Fontana di Trevi. Ma il gesto di Cecchini fu veramente futurista, fu un atto simbolico ma non distruttivo.

L’atto compiuto nel nome di Fini non ha nulla di futurista. È semplicemente un’espressione di fascismo, della peggiore specie. E restituisce, attraverso la mano di giovani che si credono o si dicono comunisti, Fini alle sue origini.

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