L’autopsia conferma la versione del vigilante

«Il marocchino mi ha sfilato la pistola, nel riprenderla è partito un colpo. Lui ha fatto due passi poi è caduto e ha battuto la testa»

Paola Fucilieri

«I risultati dell’autopsia sul cadavere del marocchino danno pieno riscontro alla versione dei fatti che ho fornito al pm Piero Basilone». Tira un sospiro di sollievo Pasquale V., il vigilante 42enne coinvolto nella rissa che lunedì mattina ha portato alla morte di un marocchino nell’ex residence di via Cavezzali 11.
Abdel Khalek Nakab, pregiudicato 37enne senza permesso di soggiorno e residente da tempo nel palazzo, in preda alla rabbia (probabilmente procuratagli dall’ennesima colossale sbornia e, forse, anche dall’assunzione di stupefacenti: i risultati dell’esame tossicologico, attesi per oggi, chiariranno definitivamente questo punto, ndr) si è scagliato contro la guardia giurata, gli ha sottratto la calibro 9 dalla fondina. Quindi - nel tentativo di tenere per sé l’arma che l’altro intanto cercava di riprendersi - l’immigrato ha schiacciato il grilletto. La canna era rivolta verso di lui e il proiettile gli ha trapassato la spalla sinistra finendo poi nel muro dietro di lui.
Uscito poi dallo stabile sulle sue gambe («credevo che lo sparo fosse andato a vuoto fino a quando non mi ha girato le spalle e ho notato che perdeva qualche goccia di sangue» dirà la guardia giurata sempre in sede d’interrogatorio) il marocchino - affetto da tempo dalla sindrome di Hoodking e dalla coexite tubercolare, malattie altamente invalidanti - ha perso i sensi cadendo sui gradini che portano al cortile, ci ha sbattuto sopra violentemente la nuca ed è morto. In Procura spiegano che la traiettoria del proiettile conferma la tesi della colluttazione, mentre l’autopsia ha appurato che il grosso ematoma alla nuca è dovuto alla violenta botta contro gli scalini.
«Un colpo sparato a bruciapelo, con evidenti segni del “tatuaggio” lasciato dalla polvere da sparo sulla pelle attorno al foro d'entrata è segno inequivocabile della brevissima distanza tra il corpo della vittima e l’arma del vigilante» sottolinea critico l’avvocato della famiglia, Stefano Zoia, che ieri ha depositato in Procura una memoria difensiva, chiedendo poi «misure contro il vigilante», nonché «chiarezza sulla ricostruzione della colluttazione».

«Mi chiedo - prosegue il legale - se la colluttazione è stata veramente così dura come dice chi ha sparato. Possibile che una guardia giurata non sia riuscita a divincolarsi da un uomo di 37 anni invalido senza sparare?».

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