L’avvertimento d’Israele: stop alle vacanze sul Nilo

L’avvertimento d’Israele: stop alle vacanze sul Nilo

Beduini legati ad Al Qaida sulle spiagge del Sinai, fondamentalisti nella valle del Nilo, predoni e guerriglieri sempre pronti a scorrerie di frontiera al confine con il Sudan e la Libia. La mappa delle zone a rischio nella terra delle Piramidi è tanto varia quanto estesa dunque, per evitare sorprese, va sempre valutato con attenzione il livello d’allarme. In questo caso lo stato d’allerta era considerato «preoccupante» da almeno tre settimane. I primi a renderlo noto erano stati gli israeliani. Il 4 settembre l’ufficio anti terrorismo di Gerusalemme incaricato, tra l’altro, di valutare i rischi di attacchi ai turisti aveva consigliato la cancellazione di tutti i viaggi nella terra dei Faraoni. Due settimane più tardi l’avvertimento si era trasformato in una stringente raccomandazione. «Questa è un’informazione estremamente seria - siamo a conoscenza di individui ed organizzazioni pronti ad un sequestro conosciamo i loro obbiettivi e sappiamo dove intendono trasferire i prigionieri» – spiegava al quotidiano Haaretz una fonte dell’ufficio. E per far capire che non si scherzava l’esercito aveva minacciato serie conseguenze disciplinari per tutti i militari sorpresi ad ignorare l’avvertimento. L’enfasi usata per ridurre il rischio viaggi nella terra delle Piramidi spiega, forse, il susseguirsi di notizie e smentite sulla presenza nella comitiva di due turisti israeliani. I due potrebbero aver deciso all’ultimo momento di dar ascolto al governo ritirando la loro partecipazione. Ma restando registrati, come spesso accade, sulla lista dei partecipanti. Ovviamente i rischi per i turisti israeliani sono sempre molto più elevati. In questo caso l’allarme si riferiva ai possibili piani di Hezbollah per rapire attraverso intermediari egiziani alcuni turisti israeliani nel Sinai e vendicare, come promesso da tempo, la morte di Imad Mughnye, il capo militare dell’organizzazione ucciso lo scorso marzo a Damasco.
Le bande beduine infiltrate da Al Qaida e responsabili dei micidiali attentati nelle località turistiche del Sinai costate la vita ad un totale di 121 persone tra cui alcuni italiani restano comunque una minaccia costante e difficilmente sottovalutabile. Il rischio attentati nella Valle del Nilo, terreno di cultura negli anni 90 del nascente terrore integralista, si è notevolmente ridotto dopo le vaste azioni repressive condotte dopo la strage di Luxor costata la vita, nel ’97, a 58 stranieri. Il deserto tra l’Egitto, il Sudan e la Libia è invece come spiega Vittorio Kulczycki di «Avventure nel mondo» una «terra di nessuno totalmente desertica e disabitata e priva di vigilanza».

Mentre il rischio fondamentalismo interessa soprattutto la frontiera con il Sudan l’area di Gilf al Kabir su cui puntavano i turisti rapiti è spesso battuta da gruppi di guerriglieri provenienti dal Ciad. «Un paio d’estati fa uno di quei gruppi – ricordava Kulczycki aveva organizzato un rapimento in quella stessa zona per auto finanziarsi».

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