L’ex Br su una torre per sette ore contro lo sgombero della piscina

Gli irriducibili normalmente non parlano con la polizia. Anche l’ex Br Paolo Maurizio Ferrari, 65 anni, mai dissociatosi dalla lotta armata neanche dopo 30 anni di carcere, probabilmente ne avrebbe fatto volentieri a meno. Quando gli agenti e i funzionari della Digos sono arrivati ieri mattina in via Carlo Botta per sgomberare la piscina «Caimi», chiusa dal 2006 e occupata dal 20 febbraio scorso dagli anarchici, però, Ferrari era sulla torretta dell’edificio: l’altra notte il turno di guardia alla storico impianto di zona di Porta Romana in attesa di essere ristrutturato era toccato a lui. «Era sveglio da un po’, l’età gli dà problemi d’insonnia» racconta chi c’era. Certo quella stessa non giovanissima età non gli ha impedito di fare resistenza e restare sul tetto - lui, unico tra tutti gli anarchici che avevano occupato l’impianto sportivo - per più di sette ore, dalle 5.30 alle 12.54, facendosi scudo con uno sgabello e obbligando un ispettore della Digos, sua vecchia conoscenza, a stare tutto il tempo su una scala appoggiata alla torretta per tentare di convincerlo a scendere. Quando poi, dopo aver mandato giù tutta la roba che aveva nella tenda da campeggio-rifugio sulla torre (compreso un grosso materasso e lo sgabello) Ferrari è sceso, una gruppo di una ventina di anarchici, tutti piuttosto giovani, lo hanno applaudito a lungo, come una rock star che scende dal palco per mischiarsi tra i fan e salutarli.
Si è concluso così, quasi con un piccolo show - e con un bilancio di 15 denunciati per occupazione abusiva, Ferrari compreso -, l’ultimo capitolo dell’occupazione degli anarchici milanesi. Cacciati prima dal Lab Zero di Ripa di Porta Ticinese, poi dalla Bottiglieria Occupata di via Savona (sgomberata nell’ottobre 2010) e infine dalla Stamperia Occupata di via Giannone, nel quartiere cinese, i giovani avevano individuato la piscina di via Botta come nuovo luogo in cui insediarsi.
Ferrari si accompagna a loro dai tempi della Stamperia. Ex operaio della Richard Ginori e della Pirelli, Ferrari fu il primo arrestato del nucleo storico delle Brigate Rosse. Avvenne a Firenze, nel 1974, pochi giorni dopo il rilascio del giudice Mario Sossi, del cui sequestro fu ritrovata una copia della rivendicazione sulla sua macchina. Venne condannato a ventun anni di carcere per sequestro di persona e rapina, e ricevette altri anni di condanna per avere preso parte alla violenta rivolta nel carcere dell’Asinara nel 1979. Ferrari non si è mai dissociato dalla lotta armata e non ha mai beneficiato del regime di semilibertà; è uscito dal carcere soltanto nel 2004, dopo trent'anni di detenzione.
«Non è un balordo - spiega la polizia -. Non ci ha mai insultato, non è il tipo da fare queste cose, ci conosce quasi tutti per nome e cognome. Stamattina (ieri per chi legge, ndr) ci siamo stupiti quando abbiamo trovato lui sulla torretta: sapevamo che c’era una persona di guardia, ma non immaginavamo di trovare proprio Maurizio Ferrari».
«Lui sa bene che la polizia non se ne sarebbe andata se lnon fosse sceso dalla torre, mica l’avremmo lasciato lì - concludono gli investigatori -. Quello con Ferrari è stato un vero e proprio faccia a faccia.

E infatti il suo interlocutore è stato un ispettore che conosce bene. Perché alla fine è sceso? Lui ha valutato il significato del suo restarsene lì. E che figura avrebbe fatto scendendo a una certa ora con dignità, com’è stato, anziché farlo più tardi».

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