Caro Direttore,
il voto del Senato sulla Finanziaria ha dimostrato ancora una volta che il governo dispone di una maggioranza aritmetica, che gli consente di tirare a campare, ma non di una maggioranza politica, requisito indispensabile per riuscire a governare. È da questa constatazione che, a nostro avviso, si dovrebbe partire per analizzare cosa ci riserva il futuro prossimo. Noi pensiamo che in questo momento l'unico, reale interesse nazionale sia quello di restituire la parola al popolo sovrano, come accade in ogni democrazia matura quando si determina una situazione di totale ingovernabilità come quella che è sotto gli occhi di tutti. Basti scorrere gli articoli della Finanziaria appena licenziata dal Senato per capire che siamo di fronte a una manovra che ha mirato esclusivamente alla sopravvivenza dell'esecutivo attraverso elargizioni a pioggia a quei settori della maggioranza o a quei singoli parlamentari considerati a rischio. Il vero rischio che si corre è che l'agonia di questa sinistra diventi l'agonia del Paese.
Il Presidente Berlusconi non ha mai parlato di spallate, ha semplicemente cercato di fotografare la realtà quando ha detto che il governo era sul punto di implodere ed ha lecitamente fatto tutto ciò di cui è stato capace affinché ciò potesse accadere, utilizzando l'arma della persuasione e della ragione per convincere alcuni parlamentari moderati, liberaldemocratici, interessati al destino della Nazione, convinti come lui che questo governo non sia più in grado di fare il bene del Paese, a trasformare questo loro convincimento in un voto coerente. Ci sembra che, se le parole hanno un senso, la dichiarazione di voto del Presidente Dini e del Presidente Bordon al Senato abbiano confermato la nostra diagnosi e in altri tempi sarebbe bastato molto meno per aprire una crisi di governo.
Siamo convinti che nell'attuale situazione politica non esista margine alcuno per sedersi attorno a un tavolo e parlare di riforme istituzionali. Non ci sono le condizioni, perché non esiste una maggioranza politica coesa e dunque manca di fatto l'interlocutore. Non intendiamo iscriverci al partito delle calende greche e portare acqua al mulino di chi si nasconde dietro la scusa delle grandi riforme con l'esclusivo intento di guadagnare tempo. Non è questo che chiede il Paese: di fronte al peggior governo della storia repubblicana, i cittadini si aspettano una svolta politica seria, non un rattoppo istituzionale. Ci sembra francamente difficile, nello scenario attuale, ipotizzare addirittura il varo di una Nuova Repubblica. Si può parlare, invece, del varo di una nuova legge elettorale - e noi abbiamo sempre dato la nostra disponibilità - anche se le incognite sono tante, vista la babele di posizioni esistente nel centrosinistra.
Siamo convinti che il compito di un'opposizione responsabile sia insieme quello di contrastare l'azione del governo e di trovare le convergenze possibili nell'interesse del Paese. Ma questo governo e questa maggioranza hanno portato l'Italia sull'orlo del disastro, minandone la sicurezza interna e l'immagine internazionale. È improbo dialogare con un muro di gomma, ma siamo d'accordo con Fini quando sostiene che dividerci oggi sarebbe imperdonabile.
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