L’Italia risponde all’Iran e convince anche l’Europa «Via alle sanzioni»

Quando ci vuole, ci vuole. E alzare il tono della voce non costituisce più soltanto un dovere, ma rappresenta una posizione che produce anche i propri frutti. Così, mentre gli inesausti boia del regime iraniano di Mahmoud Ahmadinejad continuano a fare le sole cose che conoscono - tenere efficienti i loro sinistri cappi di corda assassina e perfino chiudere Gmail per lanciare un servizio e-mail nazionale sul modello Grande Fratello - la ferma posizione espressa nei confronti di Teheran dal ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha auspicato il «via alle sanzioni», raccoglie un concreto plauso, oltre che l’ovvia solidarietà, da parte dell’Europa. Ma in Italia la tensione rimane alta: un gruppo di pirati informatici iraniani filogovernativi, Iranian Cyber Army, ha inviato ieri una minaccia di hackeraggio al sito dell’agenzia AdnKronos.
Le parole forti scandite dal titolare della Farnesina dopo il selvaggio assalto alla nostra ambasciata e ad altre sedi diplomatiche, hanno avuto effetto trascinante e di stimolo nei confronti dell’Europa. Sia come continente sia come istituzione. Facendo prendere segnatamente a quest’ultima una posizione ufficiale che, se non suona proprio altrettanto esplicita quanto quella di Frattini, ha quantomeno il pregio di essere stata espressa dalla massima autorità europea in materia, Katherine Ashton, Alto rappresentante per la Politica estera e la sicurezza comune dell’Ue.
Ashton, intervenendo ieri a Bruxelles al quotidiano briefing della Commissione, ha espresso sì una «ferma condanna» per gli assalti portati alle ambasciate da membri dei basiji, le milizie filogovernative iraniane, dovendo tuttavia ammettere l’assenza di una linea comune dell’Ue sul «se e come» partecipare alle odierne celebrazioni ufficiali per il 31° anniversario della rivoluzione iraniana, che ebbe il suo momento topico il 31 gennaio 1979 con il ritorno in patria dall’esilio parigino dell’ayatollah Ruollah Khomeini.
«Non c’è una linea dell’Ue», ha precisato il portavoce di Ashton, Lutz Guellner, aggiungendo che «ogni delegazione a Teheran deciderà autonomamente se partecipare e a quale livello». Parole alle quali hanno poi fatto seguito prese di posizioni ufficiali, ma appunto autonome, dei diversi ministeri degli Esteri dei Paesi europei. Così ha fatto la Germania, rendendo noto che la propria ambasciata non prenderà parte all’anniversario della rivoluzione. E analoga posizione è stata espressa dal Foreign Office. «Vista la gamma di problemi che vi sono tra noi e l’Iran, non riteniamo sia giusto - ha detto un portavoce - far partecipare il nostro ambasciatore alle manifestazioni celebrative». E mentre ieri il ministro Frattini ribadiva a un convegno della Confcommercio la posizione del governo di Roma - «l’Iran deve comprendere che non può neanche immaginare di dividerci», ha detto - un messaggio importante arrivava da Mosca sull’importante nodo delle possibili ulteriori sanzioni da adottare contro il regime di Mahmoud Ahmadinejad alla luce della sua recente riconferma dei piani di arricchimento dell’uranio. Un’ipotesi, quella di nuove sanzioni, che per bocca del viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, è ora diventata «più attuale». Il numero due della diplomazia del Cremlino ha anche riconosciuto che le potenze occidentali stanno facendo pressione su Mosca per ottenerne il sostegno a una nuova tornata di sanzioni. Sanzioni annunciate ieri anche dal Tesoro americano nei confronti di alcune società che operano come finanziatrici del movimento dei pasdaran, i Guardiani della rivoluzione.


Si apprende intanto, dal blog dissidente Iran Inside News, che da otto mesi a questa parte sarebbero 27, sparsi in tutto il mondo, i diplomatici iraniani che hanno fatto richiesta di asilo politico ai Paesi in cui attualmente vivono. Una massiccia «fuga» iniziata all’indomani delle manifestazioni di protesta contro i brogli alle elezioni presidenziali del 12 giugno scorso.

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