Ma l’Italia si deve fidare del moderato Di Pietro?

Da abile Gattopardo, l’ex pm ha fatto un calcolo preciso: sconfitto alle urne punta a rubare voti al Pd. E alle primarie non vuole estremisti "alla Vendola"

Ma l’Italia si deve fidare  
del moderato Di Pietro?

A dire il vero siamo già alla seconda Idv2, opposta dalla prima perché frattanto le convenienze sono cambiate. Quando Di Pietro fiuta che il vento gira, impugna il timone e stramba, senza una rotta precisa. Nel 2007 aveva pensato che l’Idv dovesse cambiare pelle, trasformarsi in Idv 2, partito dei movimenti, dei giovani, della piazza, delle agende rosse, del popolo viola. Ha tirato dentro Pancho Pardi, vecchio girotondino, Franco Barbato, dipietrista on the road, De Magistris, che subito gli ha creato grane, Sonia Alfano e altri outsider da piazza. Li ha tenuti insieme a vecchi cocci dell’Udeur, riciclati e transfughi di altri partiti, notabili che in piazza ci andavano solo per il caffè corretto Fernet. Ma il gioco ha funzionato, almeno fino alle europee del 2009. Poi si è andato spegnendo, fino a incepparsi. Tonino allora ha pensato che il movimentismo non rende più, premia altri, i Vendola, i Grillo, i Santoro, anche il suo De Magistris, che ormai dice di sé: «Sono un leader».
Insomma, tanti problemi e pochi voti per il partito, che alle amministrative ha fatto splash.

Ma se a sinistra c’è la folla, al centro si libera spazio, di qui la seconda svolta. L’Idv deve diventare «un partito popolare di massa, che parla a tutti i cittadini», perché «il berlusconismo è alla fine della sua storia politica». Da bravo proprietario di partito, Di Pietro guarda avanti. La ragione sociale dell’Idv, l’antiberlusconismo, è destinata a svuotarsi nel giro di qualche anno. Quindi conviene cambiare strada per tempo, mentre gli altri restano lì.
Perché se Tonino va giù, c’è chi sta peggio di lui. Il terzo polo, un vacuum politico in cui potrebbe installarsi il diabolico Di Pietro, vero camaleonte della Seconda repubblica.

La «svolta moderata» è un calcolo. Se prima rubava voti all’esangue Pd di Veltroni, con Bersani il trucco riesce meno, proprio perché il segretario Pd ha «dipietrizzato» i Democratici, occupando la scena in cui prima Di Pietro era l’one man band. E allora il cavallo di Troia dell’Idv deve puntare nella direzione opposta, tra i moderati. Operazione ardua, dopo anni di eccessi, violenze verbali e macchiettismi politici. Un Di Pietro liberal-moderato è credibile come un Diliberto clericale o un Giovanardi antiproibizionista. Tra l’altro dovrà spiegarlo alla sua base, che già gli sta facendo pagare la foto insieme a Berlusconi alla Camera. Per bloccare i commenti negativi su internet, Di Pietro ha fatto mandare una mail a tutti i giovani dell’Idv chiedendo - come racconta IlTribuno.com - di «mobilitarsi con commenti e link nelle pagine e nei siti per ribadire che si tratta di una bufala», cioè una bufala il suo inciucio con Berlusconi.
Non è un inciucio ma una mossa gattopardesca. Il tempo della clownwerie è finito, se si vota occorre apparire alleati affidabili, gente seria, col doppiopetto.

La scuffiata delle amministrative ha spaventato Tonino, che cerca un compagno per non arrivare da single alle elezioni. Anche perché ora viaggia sul 3,6%, sotto la soglia indispensabile per entrare il Parlamento. Se il Pd deve allungare il braccio a sinistra, sceglierà Vendola, che è più presentabile di Di Pietro. Allora urge il riposizionamento. Non per «inciuciare» con Berlusconi, manovra impossibile anche per un acrobata come lui. Ma per camuffarsi da forza responsabile, diversa dal manipolo di scalmanati, in gara tra loro per trovare l’aggettivo più spregevole contro il nemico.
Anche se si sospetta un piano a più lungo termine. Cioè un approdo in un centrodestra post-berlusconiano, perché a sinistra altri, soprattutto Vendola, gli hanno rubato il posto. Infatti ultimamente litiga più con lui che col Pdl. Per le primarie del centrosinistra chiede di escludere «i candidati alla Vendola, perché questo non aiuta».

Presentandosi ben rasato e tirato a lucido, come un oppositore dialogante e responsabile, Tonino cerca di accreditarsi come leader possibile del centrosinistra, che potrà sceglierlo alle primarie («Se il Pd non riesce a esprimere ed esercitare la leadership lo facciamo noi» fa sapere da Montenero di Bisaccia). L’ultimo vestito gli fa poi dire l’incredibile: «Noi dell’Italia dei valori vediamo un metro più lontano rispetto agli altri alleati che pensano che l’unico problema sia Berlusconi». Lo sostiene Antonio Di Pietro. Annotarselo per prossime dichiarazioni di tenore opposto.
La svolta «moderata» dovrà spiegarla bene a gente come Maurizio Zipponi, sindacalista Fiom già di Rifondazione, cooptato da Di Pietro nella precedente fase Idv2, quella due punto uno. A Gianni Vattimo, il filosofo che ammira la democrazia di Fidel Castro, e che di Berlusconi dice «puttaniere» (è ancora un metro più indietro di Tonino).

Ai massimalisti come Sonia Alfano, che stanno pensando di raccogliere firme per sapere cosa pensa la base Idv dell’ultima trovata del capo.

Una giravolta che qualche piddino (Letta, Merlo) saluta con soddisfazione, cadendo nel tranello. L’Idv di Di Pietro rispecchia l’indole gattopardesca del suo fondatore. Né di destra né di sinistra, né cattolico né laico, né liberale né comunista. Un leader in cerca d’autore. Ottimo come alleato. Ma degli altri.

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