Roma - In casa Udc si parla subito «di nuova fase». Dopo le dimissioni del governo, Pier Ferdinando Casini lancia la sua totale disponibilità «a mettersi attorno ad un tavolo per risolvere i problemi. Prodi non ha maggioranza, ne deve prendere atto». Per non dimenticare il suo ruolo di centrista, Casini sottolinea anche che neppure l’opposizione avrebbe i numeri per governare: «Serve quindi una tregua» suggerisce. Lorenzo Cesa è più esplicito: «Ci vuole una nuova maggioranza», e intanto rivendica il ruolo avuto al momento della votazione. Tutti i 20 senatori dell’Udc, infatti, si sono astenuti così come ha fatto Marco Follini. Ventuno voti significativi, anche perché, sostengono in casa Udc, è stato il nostro atteggiamento a incoraggiare quanti non erano d’accordo con la maggioranza, come il senatore Andreotti e Sergio Pininfarina, che si sono aggiunti agli astenuti, come pure Lino Iannuzzi di Fi, determinando la sconfitta dell’esecutivo.
«Questa maggioranza - puntualizza comunque Cesa - è collassata su se stessa. Noi abbiamo fatto opposizione a modo nostro, annunciando l’astensione per qualunque mozione venisse presentata». E ora, forti del successo delle loro scelte, guardano avanti e riprendono il loro leit motiv: «Adesso ci vuole una grande coalizione, da Forza Italia ai Ds, su un programma preciso». E Cesa ribadisce che nel programma non ci possono certo essere i Dico. Del resto trasversalmente i no ai Dico ricompattano una grossa forza di centro, destra e sinistra, a cui l’Udc continua a riferirsi.
Di dialogo con quelli di buona volontà «che si trovano da una parte e dall’altra» parla Bruno Tabacci che sottolinea come «positivo» il ruolo di D’Alema: «Aveva visto bene le cose non sottovalutando il problema». Punta ad un esecutivo a tempo Mario Baccini, vicepresidente al Senato: «Un governo su alcuni punti essenziali che porti il Paese a nuove elezioni».
Ma in via Due Macelli si fa un’altra ipotesi, forti delle «capacità da veggente» di Saverio Romano, leader del partito in Sicilia, deputato a Roma che già ieri mattina aveva detto a tutti passeggiando per Montecitorio che D’Alema avrebbe perso per due voti e che alle 7 di sera Prodi sarebbe andato da Napolitano. Così è stato.
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