L’ultimo attacco cinese: vogliono scipparci la moda

L’allarme lanciato da un sito newyorchese, le date delle sfilate vanno cambiate ma così si penalizza Milano. La regia? Pechino

L’ultimo attacco cinese:  
vogliono scipparci la moda

Ricomincia la guerra tra le capitali della moda con New York e Londra in prima linea contro Milano mentre Parigi, che ufficialmente sarebbe nostra alleata, può diventare il famoso terzo che se la gode alla grande. Sul sito nycfashioninfo.com è uscita in sordina una notizia bomba: a partire dal settembre 2012 la fashion week newyorkese dovrebbe svolgersi una settimana dopo seguita a ruota da quella di Londra.

Se Parigi non si sposta a sua volta, il calendario delle sfilate italiane sarebbe di nuovo ridotto a quattro miseri giorni come accadde nel marzo 2010 su «gentile» richiesta di Anna Wintour, potentissima direttrice di Vogue America. Sulle ragioni dello spostamento circolano ipotesi d'ogni tipo. Alcuni dicono che sfilare subito dopo le vacanze estive è un disastro perché le aziende italiane sono chiuse per tutto agosto creando grossi problemi agli stilisti americani che comprano i nostri tessuti e si avvalgono della nostra impeccabile filiera produttiva. Altri sostengono che l'Italia e la Cina sono le industrie del mondo della moda che a noi fa fare i prodotti d'alta gamma, mentre ai cinesi chiede quelli meno costosi.

Visto che gli americani producono il grosso delle loro collezioni in Cina, l'ordine di scuderia sarebbe arrivato addirittura da Pechino: promuovere New York e stritolare Milano in quanto baluardo di un'industria che al momento fattura 60 miliardi di euro. I più romantici pensano che la decisione dipenda dalle polemiche scoppiate in questi giorni quando a Manhattan tutto si è fermato per commemorare le vittime dell'11 settembre, tranne il programma degli show.

In effetti l'imbarazzo di andare alle sfilate mentre un'intera città piangeva i suoi morti (oltre 2.700 persone, di 70 diverse nazionalità) era palpabile anche se tutti, a cominciare da Diane Von Furstemberg, presidente della camera della moda americana, sentenziavano «The show must go on». «L'11 settembre non c'entra niente - dice Mario Borselli da Milano - non abbiamo nulla in contrario ad avere uno spostamento in avanti di una settimana, quello che non ci sta bene è che lo facciano senza avvertire». Il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana aggiunge poi che il prossimo 5 ottobre a Parigi si terrà una riunione internazionale per discutere il problema e ribadisce di avere l'appoggio totale dei francesi.

Nel frattempo, però, tutti pensano che sia inevitabile cambiare le date. «Bisognerebbe sfilare con le precollezioni: la terza settimana di giugno e la terza di gennaio» sostiene Jean Jacques Picard, consulente del Gruppo Louis Vuitton Moet Hennessy. Anche Kathi Horyn, fashion critic del New York Times, pensa che lo spostamento sia indispensabile però in avanti.

«Non c'è ragione per anticipare le sfilate, un tempo si sfilava nella seconda metà di marzo e di ottobre e non c’erano polemiche». Già, ma allora la Cina non era una potenza economica come oggi, il più grande creditore degli Stati Uniti, l'ombelico del mondo.

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