L’ultimo scandalo del Pio Albergo: da un anno nascondeva i furbetti

MilanoTempo al tempo. E di tempo, in questo caso, ne servirà parecchio. L’inchiesta della procura di Milano sulla svendita del patrimonio immobiliare pubblico si annuncia lunga e complessa. È tutto nelle carte in mano al procuratore aggiunto Alfredo Robledo, al pm Maurizio Romanelli e ai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria. Ma tra quelle carte, ce n’è una che racconta una storia di ostacoli e reticenze. E anche in questo caso, è il tempo che misura quanto sia profonda la palude di Affittopoli. Un anno. Perché prima che il bubbone scoppiasse, prima che le pagine dei giornali si riempissero dei nomi di quanti erano stati baciati dalla dea del Trivulzio, qualcuno aveva provato a fare chiarezza. Inutilmente. E così era partito un esposto. Una denuncia contro chi, all’interno del Pat, aveva intralciato il processo di trasparenza.
L’esposto è della Commissione regionale di controllo sulle Asp, l’organo di vigilanza sull’attività e sulla gestione patrimoniale delle aziende di servizi alla persona: ospedali e centri di assistenza ad anziani, disabili e indigenti, i cui vertici sono di nomina pubblica. Come Pio Albergo Trivulzio, Fondazione Policlinico e Golgi Redaelli. Proprio gli enti finiti nel mirino dei pm. Ecco cosa accade. Circa un anno fa, la commissione chiede al Pat l’elenco completo dei canoni di affitto. Non i nomi dei locatari, ma semplicemente la lista degli appartamenti dati in affitto con il corrispettivo canone. Dal Trivulzio, però, fanno resistenze. Al vertice dell’istituto c’è ancora Emilio Trabucchi, «dimissionato» pochi giorni fa dal sindaco Letizia Moratti. Quell’elenco, alla commissione, non arriva. Così, l’organo di vigilanza si rivolge alla magistratura, stilando una sorta di rapporto preliminare sulle procedure opache che avrebbero caratterizzato l’assegnazione degli alloggi.
C’è voluto un anno perché la melma venisse a galla. Fino all’ultimo, il Pat ha tentato di mantenere il riserbo sulla propria cassaforte immobiliare. Messi alle strette, gli amministratori del Trivulzio hanno paradossalmente cercato una sponda proprio nella commissione regionale, «offrendo» all’organo di vigilanza le liste chieste invece da Palazzo Marino. La risposta della commissione, però, è stata tranciante. «Da parte nostra, l’elenco dei nominativi degli inquilini degli alloggi del Pio Albergo Trivulzio è irricevibile». Il resto è storia recente. L’ok del Garante per la privacy, la pubblicazione delle liste, il cda della Baggina che decade. Un anno, per uscire dal cono d’ombra.
E altro tempo ci vorrà per venire a capo dell’inchiesta. Perché l’indagine della Procura (aperta d’ufficio) si scontra con un’enorme mole di nominativi che andranno esaminati caso per caso. Partendo dal Trivulzio, per poi passare alla Fondazione Policlinico, al Golgi Redaelli e all’Aler. Ma potrebbe non finire qui.

Gli inquirenti, infatti, sembrano intenzionati a sciogliere anche il nodo degli immobili di proprietà di Palazzo Marino, sotto il controllo dell’assessorato al Demanio, e affittati a canoni irrisori. L’«operazione trasparenza», così, rischia di creare qualche grana anche a chi l’ha inaugurata.

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