L'appello: cani e gatti hanno diritto a morire senza alcuna sofferenza

Lettera aperta di Oscar Grazioli al ministro della Sanità. Le modalità con cui viene somministrato il farmaco usato per dare l’eutanasia a cani e gatti vanno cambiate. Ecco perché

L'appello: cani e gatti hanno diritto  
a morire senza alcuna sofferenza

Caro direttore, ti chiedo spazio per un appello al ministro Maurizio Sacconi. Sono certo di poter contare sulla firma di almeno ventimila veterinari e, se millanto credito, sono pronto a scusarmi pubblicamente con chi manifesterà la sua contrarietà a questa mia. Vengo al sodo. Da diversi lustri, nel nostro Paese, si perpetra uno scandalo sul decantato benessere animale con tanto di imprimatur dei vari ministeri che si sono succeduti nel tempo.

Per fortuna, ai veterinari è concesso, senza ricorrere a polemiche religiose e filosofiche interminabili, di porre fine all'esistenza degli animali, qualora il proprietario e il medico maturino la decisione che la sofferenza della malattia non è più tollerabile e soprattutto non ha più alcuno scopo se non quello fine a se stessa, in quanto la guarigione o il miglioramento delle condizioni non hanno più alcuna speranza di avverarsi. Poi, c'è anche chi crede nei miracoli o chi comunque è assolutamente contrario all'eutanasia anche per gli animali. Ne ho conosciuti alcuni durante la mia professione e giuro che ho pianto di rabbia nel vedere cani e gatti soffrire terribilmente e inutilmente fino alla liberazione della morte, dopo giorni o settimane di una sofferenza che queste povere creature arrivano a interpretare come una punizione per qualche colpa commessa. Sentono, come e più di noi il dolore, ma non possono ovviamente filosofeggiare sulla sua finalità escatologica. Ricorderai che ne abbiamo parlato alcune volte concordando sul pieno rispetto per chi vuole aggrapparsi alla propria vita nonostante tutto, ma restando fermi nel chiedere il diritto a disporre della nostra.

Il fatto che, anche in campo umano, io guardi con invidia alla legislazione di Paesi come l'Olanda, il Belgio, la Svizzera e altri, non vuol dire che prenda con leggerezza l'eutanasia in campo veterinario. Studi recenti hanno messo in luce che la categoria dei veterinari è, tra le libere professioni, quella a più alta incidenza di suicidi e qualcuno ha messo in relazione questo dato con il fatto di trovarsi spesso di fronte all'obbligo morale di somministrare «la buona morte». Certamente non è piacevole dover sopprimere il cane che conosci e segui da sedici anni, però il fatto di potergli risparmiare sofferenze atroci e del tutto inutili, mi è di grande sollievo e fa da contrappeso alla tristezza di dover porre fine alla sua vita.

Ora, in Italia, esiste un'unica specialità registrata per l'eutanasia del cane, del gatto e non si sa bene di quali altri animali. Si chiama Tanax e si tenga presente che, in Paesi come Usa e Gran Bretagna (dove il nome era T61), è stato ritirato da quasi vent'anni, perché la morte avviene fra atroci sofferenze, qualora sia usato per vie non corrette quale la intrapolmonare (in pratica iniezione all'interno del torace). Fatto sta che, nonostante i veterinari lamentino questo sconcio da anni e annorum, il foglietto interno del Tanax riporta, come via di somministrazione, proprio la via intrapolmonare, che diventa in pratica obbligatoria per il gatto e altri non ben identificati animali. Gli studi di Sawyer (forse il migliore anestesista americano) sul T61 (il nostro Tanax) avevano concluso che poteva essere un prodotto accettabile per l'eutanasia degli animali soltanto se usato per via venosa o intracardiaca e soprattutto solo se il suo utilizzo era preceduto dall'anestesia generale.

Per questi motivi il T61 è stato ritirato in Usa, mentre noi saremmo ancora obbligati a usarlo, addirittura mediante dolorosissime iniezioni intrapolmonari, non precedute da profonda sedazione o anestesia. Ho scritto «saremmo» perché ogni bravo veterinario, tutti i giorni, si assume la responsabilità di usarlo fuori dalla legge, in modo contrario a quello scandaloso foglietto illustrativo che poi rappresenta le indicazioni del ministero della Salute. È capitato che un individuo che fatico a chiamare collega ha soppresso il cane di un'infermiera professionale, davanti a lei, iniettando il Tanax per via intrapolmonare. Il cane è morto dopo minuti di urla e singulti, con una seconda iniezione richiesta dalla donna sotto choc. Denunciato all'Ordine dall'infermiera il «collega» è stato prontamente assolto perché ha seguito le indicazioni del foglietto illustrativo, ovvero quelle del ministero.

Ebbene, caro ministro, anche a nome di un associazione (Assovet) di cui sono fondatore e che si occupa di etica e benessere animale, le chiedo di sottoporre urgentemente a revisione se non il prodotto almeno il cosiddetto «bugiardino», che in questo caso chiamerei «scandalino», cassando quella maledetta via intrapolmonare, obbligando alla profonda sedazione, o meglio all'anestesia prima dell'uso e infine

eliminando quel «usare sotto il controllo diretto del medico veterinario». Un prodotto che causa la morte va usato dal medico veterinario. Punto. E grazie per quanto sono certo vorrà disporre.

Oscar Grazioli

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